"Il pensiero del cuore" con il sottotiolo "I miei primi dieci anni all'UTIC dell'Ingrassia" è il libro di esordio di Sergio Fasullo, cardiologo palermitano. (CopyLab, Palermo, 2014).
E' un libro che è, insieme, memoria del lavoro clinico di Sergio Fasullo nell'Ospedale palermitano Igrassia, ed anche omaggio al suo primario e maestro Pietro Di Pasquale, ma ancora riflessione accorata e profonda sul lavoro del medico che non può essere soltanto applicazione di una tecnica, ma soprattutto relazione con lo psico-soma dell'altro, malato e ferito, tenendo conto che qualsiasi applicazione tecnica si voglia utilizzare ai fini della cura deve essere sempre arricchita dal sorriso, dagli affetti, dalla donazione di senso, dall'ascolto.
E' anche riflessione sull'importanza di essere a contatto con le proprie vulnerabilità e con le proprie ferite interiori per poter supportare/sopportare la sofferenza dell'altro.
E' un libro di personali ricordi, di percorsi seguiti, di letture e di approfondimenti.
Non a caso il titolo del volume "Il Pensiero del cuore" rimanda a suggestioni hilmaniane, così come sono molteplici i riferimenti a Galimberti e al ricco repertorio della fenonomenologia applicata alla clinica e alla psicologia.
Nel curare il corpo malato non si può essere soltanto bravi ed eccelsi nell'applicare avanzate teconologie e nel somminastrare farmaci di ultima generazione in elaborati protocolli terapeutici, essendo guidati solo ed esclusivamente dalle evidenze sperimentali, ma bisogna saper essere medici ippocratici a tutto tondo per i quali, in alcuni casi, "il meno può essere il meglio", ma bisogna anche saper rinunciare ad un eccesso di razionalità - retaggio a volte deletorio della dicotomia cartesiana - ed entrare invece nel vivo del pensiero del cuore, per essere in grado di captare (e parlare) il linguaggio delle emozioni e degli affetti, specie in un ambito in cui ciò che si cura è, appunto, il cuore malato che, da sempre, è ricettacolo di stratificazioni simboliche multideterminate.
Benché Fasullo sia un medico del corpo, rivela di essere uno che riflette sui risvolti più profondi delle sue pratiche e che cerca approfondimenti e suggestioni, utilizzando molteplici vertici di osservazioni e cercando il soccorso sia delle più avanzate riflessioni psicologiche sia di alcuni punti fermi stabiliti da alcuni dei più acuti psicopatologi (e tra questi Jaspers).
Nelle sue pagine, vi è una felice convergenza di diversi piani: quello della riflessione personale, quello dello studio e dell'approfondimento, quello della sintesi tra i primi due verso la ricerca d'un percorso nuovo, quello della relazione con il malato che sempre più dovrebbe essere "soggetto" della relazione e sempre meno "paziente" di una pratica ospedaliera spersonalizzante e deresponsabilizzante, vi è quello delle relazioni tra i componenti delléquipe che, pur scivolando sullo sfondo, è di vitale importanza, dal momento che - come è stato rilevato in altri ambiti ded in altri contesti di cura - più il gruppo di lavoro sta bene ed è capace di esprimere componenti relazionali di forte solidarietà reciproca ed è vivacizzato da correnti affetti circolanti al suo interno, più tale benessere si converte in una più potente capacità di cura, soprattutto per quanto riguarda la componente contenitiva e di supporto: l'équipe curante, in altri termini, deve essere capace di contenere le ansie di colui che è sofferente, raccogliere i suoi bisogni emozionali e poter dare una loro risposta, parlando il linguaggio degli affetti, ma senza avere l'apparenza di farlo, dunque in modo semplice ed immediato.
Il volume di Sergio Fasullo va letto e meditato in ogni sua singola parte, perchè oltre a esservi raccontata la storia dei suoi primi dieci anni di lavoro all'UTIC dell'Ospedale Ingrassia di Palermo, mostra il percorso d'uno sviluppo personale e di una crescita professionale "bilanciata" attraverso l'arricchimento derivante dalla combinazione di conoscenze scientifiche e tecnologiche avanzate, con letture di approfondimento in altre disscipline che offrono un'apertura sulla complessità dell'animo umano e chiavi interpretative dei segnali che esso invia al gruppo dei curanti, arricchito dalla capacità di filtrare il tutto per "mettersi in ascolto", utilizzando le parole semplici o a volte "deformato" dell'Altro in stato di bisogno, per comprendere i bisogni emozionali sottesi.
Saper fare, saper ascoltare in silenzio, saper restituire parole ma senza mai mascherarsi dietro l'aridità dei paroloni del gergo scientifico specializzato per poter entrare in sintonia con il mondo dell'ammalato spesso complesso emozionalmente, ma a volte capace di esprimersi solo in maniera naif e con parole inappropriate che vanno decodificate e mai prese alla leggere (ed é' questo il senso del dizionaretto di frasi "memorabili" incluso alla fine del libro): sono questi alcuni dei piloni delle buone pratiche che Sergio fasullo ha appresso nel corso degli anni e che cerca di trasmettere con le sue parole, con quelle dei pazienti (dando loro voce - come è giusto - perchè sono sempre i pazienti/malati i nostri migliori e più grandi maestri) e con quelle dei supi maestri di pensiero.
Questo lavoro, strutturato in più parti, nasce dai ricordi che si innalzano da una memoria abbarbicata alla mia vita in terapia intensiva cardiologica (UTIC) quale comunità di cura e comunità di destino.
Come si svolge e come si articola nelle sue parti il discorso dell’autore?
La prima parte ("Breve storia della Cardiologia dell'Ingrassia: con una qualche riflessione sulla dignità umana - quella recisa e quella salvata. L'affettività come struttura portante della cura") e l’ultima su una breve storia della cardiologia Ingrassia (dove l’autore ringrazia della formazione ricevuta Pietro Di Pasquale, l’attuale Primario e suo Maestro e ne analizza sinteticamente l’operatività scientifica e quella assistenziale: il dottore Pietro Di Pasquale sa curare e gli piace farlo. Conoscendolo, questa capacità assieme al suo carattere forte e determinato non è un mistero perché forse la più tangibile caratteristica sua è la capacità di presenza) e su una sintetica raccolta di strafalcioni linguistici (Ipse dixit: alcuni strafalcioni - che talora rendono divertente il significato di una frase altrimenti seria).
Il secondo, il terzo e quarto capitolo, rispettivamente "La Malattia é il nostro destino", "Il sorriso come donazione di senso" e "Una moltitudine di mani che cercano altre mani", sono orientati alla riflessione sulla fenomenologia della malattia e sui modi con cui si è curati quando ci si ammala.
Per l’autore l’ascolto e il dialogo possono dare un senso alla cura e all’assistenza ai malati, riconsiderati nella loro soggettività nella loro interiorità e nella loro intersoggettività, ma anche nella loro corporeità vissuta che non è la ovvia corporeità fisica. Il corpo malato chiede rispetto della propria dignità- e in questo ogni medico non può non attenersi.
Nel libro ci si sofferma su alcune forme di vita che ci aiutano a riconoscere e a rispettare le attese degli altri, le loro angosce e le loro speranze. Trattasi del sorriso (che aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita), della gentilezza d’animo (la quale crea relazione), della mitezza (che è soprattutto apertura all’altro) e della speranza, la quale rende ancora desiderosi di una nuova aurora e delle ore di una nuova giornata.
Breve nota biografica su Sergio Fasullo. Giovane dirigente cardiologo, dirigente medico responsabile presso ll'Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC) dell'Ospedale Ingrassia di Palermo. Figlio di Silvio e Mirella Pipia, é sposato con Stefania e ha due figlie, Sofia e Silvia. Attivamente impegnato nello sport calcistico, milita nella squadra di calcio Medici Palermo e della Nazionale Medici ed è molto legato alla solidarietà.
(Sergio Fasullo) "I miei primi dieci anni all'UTIC dell' 'Ingrassia' Hospital Palermo. Questo lavoro, strutturato in più parti, nasce dai ricordi che si innalzano da una memoria abbarbicata alla mia vita in Cardiologia quale comunità di cura e comunità di destino. Ogni comunità di cura è alla ricerca del destino che le dia una dimensione ancora più profonda e che conduca le anime ferite dal dolore alla soglia dell'attesa e della speranza: strutture portanti della condizione umana e radicalmente intrecciate con l'esperienza del tempo, del tempo vissuto".