(Maurizio Crispi) Il Real Parco della Favorita potrebbe essere bellissimo, eppure non lo è.
Lo si può percorrere in lungo e in largo, utilizzando una rete di sentieri e di sterrati molto ramificata con ambienti che variano dai contrafforti collinari che si spingono sino alla parete rocciosa di Monte Pellegrino, alla fitta boscaglia con piante di alto fusto circondante da un fitto - a volte impenetrabile - umido sottobosco i cui arbusti si sviluppano sino formare lunghi tralci che salgono alla ricerca di luce per poi ridiscendere verso il basso, come vere e proprie liane della Giungla tropicale (da qui il neme di "Cambogia" ad un'area dove l'intrico è maggiore), alle vestigia di quelle che un tempo erano floride coltivazioni ad agrumeto e che, oggi, versano in uno stato di totale e tristissimo abbandono e ampie zone di filari di piante di Fico d'India.
Tutto questo è in sé bellissimo e straordinario: ben poche città possono contare su di un simile polmone verde che, in più, possiede indovate nel suo comprensorio splendidi manufatti (oggi in parte in rovina), testimonianza del tempo in cui il Parco della Favorita era riserva "reale" di caccia dei Borboni, come la Scuderia, le torrette di avvistamento, fontane, gebbioni, sino alla famosa neo-classicheggiante Colonna d'Ercole che, un tempo, era circondata da un grande bacino d'acqua sempre pulita (la cui superficie posso immaginare ricoperta di ninfee in fiore). Tutte vestigia di un'epoca di grande splendore.
Si aggiunge che, ad arricchirne la bellezza e a migliorarne la fruibilità, anni fa (in una burocratica notte dei tempi) un'amministrazione comunale investì del denaro - pubblico, ovviamente - per la creazione di diverse aree picnic con tavoli e panche di legno, punti di cottura al barbecue e fontanelle che erogavano ai gitanti (numerosissimi - secondo tradizione palermitana - nel giorno del Lunedì dell'Angelo, il 1° maggio e a Ferragosto) e che, un 'altra Giunta varò il progetto di un'Area giochi, d'una zona picnic e di un Percorso Salute in una zona che, sino a quel momento, era stata abbandonata e negletta (quella grande ansa tra l'Ippodromo, la Piscina comunale e il Campo di Bowling).
Quindi, il luogo - con tutte le sue sfaccettature - sarebbe splendido e meraviglioso dal punto di vista naturalistico lo è davvero, con il fitto intrico della verzura, le crescite rigogliose, i segni vitali d'una natura indomita.
Ma, nella stesso tempo, tutto è preda di un inarrestabile degrado.
Alberi abbattuti, giganti possenti e dai tronchi calcinati dal sole estivo, scheletri di altri alberi che ancora si reggono in piedi come nude silhouette: delle aree riservate al picnic non rimane più nulla: tutto nel corso del tempo è stato devastato o asportato (aree di picnic da asporto, si potrebbe dire).
Del Percorso salute rimangono soltanto le vestigia.
Sporcizia dovunque, fazzolettini e preservativi usati, bottiglie di plastica accartocciate e bruciate dal sole, pezzi di vetro colorati, resti di merende al sacco selvagge, memoria di giorni di "scampagnate" i cui stessi protagonisti lasciano la propria monnezza per terra per poi ritrovarla la volta successiva e poi lamentarsene.
Non è raro imbattersi in una prostituta che si aggira sperduta, ritornando da un incontro con un cliente, consumato in fretta o strani figuri che si aggirano nei meandri e nei luoghi più reconditi.
Sentieri un tempo percorribili sono adesso inghiottiti dalla vegetazione che ritorna ad essere padrona e a vietare il passaggio ai fruitori. E' davvero un paradosso dire ciò, ma si rimpiange il tempo in cui c'erano le moto da cross che percorrevano alcuni di questi sentieri e che, almeno, con il loro passaggio continuo, li mantenevano puliti. Ed erano gli stessi motociclisti che, qualche volta, si mettevano di santa pazienza a ridurre l'eccesso di vegetazione che rischiava di cancellare i passaggi.
E' una follia pensare che le aree protette si possano preservare impedendo il loro uso: l'uso, infatti, rimane garanzia di manutenzione da parte di chi è interessato, il non uso si traduce il più delle volte in abbandono e degrado.
L'importante è che l'uso non travalichi in abuso e negligenza: ma ciò dipende unicamente dalla coscienza civica dei singoli.
E la cultura civica si costruisce con i permessi, non attraverso i divieti.
La sensazione dominante è quella di passeggiare all'interno di un paesaggio post-apocalittico, da dopo-bomba.
E' quasi un paradosso che, aggirandosi nel parco si debba sperimentare sconforto, ma si debba avere la sensazione di poter fruire della bellezza: una bellezza che contiene in sé i germi della putrefazione, del degrado e della morte che, ciò nonostante, rimane sempre bellezza.
Tutto ciò che si tenta di fare per "migliorare" e per rendere gli spazi più fruibili rimane fatica inutile, risorse buttate al vento, poichè ciò che nasce contiene i germi della sua inarrestabile distruzione.
Sembra di vedere la materializzazione in questo processo delle parole del Gattopardo: più si cerca di cambiare (di modificare le cose, di migliorarle, di dar loro un nuovo assetto e un nuovo assetto) più rimangono immobili e inamovibili, anzi si attiva un potente processo che riporta le cose allo stato precedente o comunque uno ad uno statu quo.
In tutto questo, credo che i Ranger d'Italia che hanno avuto in gestione la Riserva Naturale Orientata del Parco della Favorita e di Monte Pellegrino (un territorio in sè immenso e dalle carattersitiche multiformi) possano fare da soli ben poca cosa, se non essere - quando ci sono - meri testimoni del degrado.
Soltanto la Natura alla fine - con il suo inarrestabile rigoglio che sommerge e copre le brutture degli uomini può averla vinta.