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31 luglio 2013 3 31 /07 /luglio /2013 21:16

Il nostro trasloco ovvero la Nel 1962 cambiammo casa, trasferendoci da quella di Viale Regina Margherita, dov'ero nato, all'attuale appartamento di Via Lombardia, dove - con delle brevi parentesi - ho vissuto sinora
Questo trasferimento nacque da lontano.
La mamma, previdente, cercava il nuovo appartamento in uno stabile fornito di ascensore e di posto macchina (possibilmente in un garage privato nel piano cantinato che consentisse di accedere direttamente all'ascensore, in modo tale che le uscite e le entrate in casa potessero avvenire per mio fratello in carrozzina senza difficoltà).
Allora, nella costruzione di nuovi edifici condominiali, non si progettava, tenendo conto della necessità di abbattere le barriere architettoniche: qualche cosa nasceva soltato in corso di lavori ad ho, dietro input di qualche acquirente con esigenze speciali e mia madre - da questo punto - fu un'antesignana, perchè sulla base delle sue esperienze personali, aveva perfettamente il concetto di ciò che era una barriera architettonica e dei modi per superarla.
In tutto il periodo in cui fummo nella casa di Viale Regina Margherita, dove eravamo senza ascensore, mio fratello veniva portato a braccia (letteralmente caricato sulle spalle) da mio padre. E ciò con difficoltà sempre maggiori.
Ma mio fratello cresceva e si appensantiva e il suo trasporto da piano terra al primo piano, poteva essere appannaggio di mio padre da solo (rifiutava sempre, categoricamente qualsiasi aiuto) e certamente, la mamma voleva una soluzione in cui anche lei potesse essere del tutto autonoma negli spostamenti di mio fratello.
Dopo molte ricerche riuscì, infine, a trovare le soluzioni migliori tra quelle che avevamo immaginato in un palazzo ancora in corso di costruzione.
E, quindi, i miei genitori si mossero per questa avventura che comportò per loro grandi sacrifici come l'accensione di un mutuo, la cessione del doppio quinto (entrambi gravanti quasi esclusivamente sulla mamma, perchè papà come giornalista freelance in quel periodo aveva degli introiti discontinui) e il dover far fronte alle periodiche scadenze dei pagamenti che il costruttore richiedeva.
La mamma, a distanza di molti anni, mi raccontò che spesso la notte non riusciva a dormire perchè era assillata dalle scadenze.
E, intanto, visto che andavamo in una casa un po' più grande e con esigenze di rappresentanza e di vita sociale (dei miei genitori) che, nel frattempo, si erano fatte più esigenti occorse acquistare nuovi mobili, fare incorniciare dei quadri e, di quel periodo, ricordo interminabili pomeriggi a girare alla ricerca di mobili antichi ed io che mi annoiavo da morire. E poi bisognava pensare a tanti dettagli, come le fonti di luce, le applique nel corridoio ...e così via.
Il nostro trasloco ovvero la Il tutto per costruire anche una casa che avesse, come quelle della buona borghesia colta della città un tocco di raffinatezza ed eleganza.
Ricordo che, una volta, mentre ci muovevamo in un grande capannone - scuro, cupo e maleoodorante -  dell'antiquario Burgio mio padre si imbrattò il piede negli escrementi freschi di un gatto e - permaloso di natura, com'era (un autentico Crispi, come soleva dire mia madre, irridendolo bonariamente) - si innervosì molto per questo fortuito evento, tanto che di lì a poco lo stesso antiquario corpulento con passo strascicato andò a prendere una scopa alquanto malconcia e con quella - in maniera goffa - tentò di pulirgli la scarpa dalla sozzura.
Io mi divertii molto di quell'episodio e poi, frequentemente, lo rievocavo perchè mi era rimasto impresso nella memoria come lo spezzone di una vecchio film delle comiche finali.
E quando lo rievocavo mio padre ogni volta si innervosiva e s'impermalosiva e, naturalmente, questa sua reazione faceva lievitare il mio divertimento alle stelle.
Amplificato da tante rievocazioni, quello rimase un episodio per così dire "mitico" nella storia familiare e paradigmatico della permalosità di papà e della sua scarsa attitudine a partecipare allo scherzo, anche se- in altre circostanze, quando era lui a condurre il gioco - sapeva essere oltremodo ironico.
Il nostro trasloco ovvero la Poi, finalmente la casa fu pronta e venne il momento del trasloco: momento che io, ascoltando, i discorsi dei miei, attendevo con grande eccitazione perchè lo vedevo come un grande cambiamento, ma anche un occasione di avvicinamento a molti dei miei compagni della Scuola Media che abitavano tutti nella zona dove saremmo andati ad abitare.
In contemporanea si trasferiva anche la prozia Irene, per mantenere la disposizione originaria nella case di Viale Regina Margherita: due appartamenti collocati sullo stesso piano e comunicanti tra loro, secondo i desideri della nonna e della prozia che volevano stare sempre in stretto contatto tra loro.
Con molti giorni di anticipo vennero gli operai della ditta di trasporti ad impacchettare in grandi scatoloni i libri (che erano già tantissimi). E questi scatoloni vennero portati via e i libri ammucchiati disordinatamente al centro del grande salone di rappresentanza della casa nuova; mia madre, quando vide quella montagna di cultura accatastata al centro della stanza inorridì, semplicemente, e si disperò.
Fu poi mio padre ad occuparsi della loro sistemazione, ma mia madre non imparò mai il posto dei libri nella nuova casa e doveva spesso chiedere a mio padre oppure a me.
Io imparai rapidamente, ma i miei libri e quelli di mio fratello - già allora tantissimi, comprese le collezioni di fumetti - me li sistemai da me.
Dopo il trasferimento dei libri venne il giorno della "carriata" (parola sicula per dire "trasloco" che prima della motorizzazione, si faceva utilizzando i carri a traino animale) vera e propria e vennero gli operai con le loro scale, con le loro coperte vecchie, con i sacchi di iuta e con tanti scatoloni di cartone (anche se le cose più delicate le aveva già impacchettate la mamma) nei giorni precedenti in un febbrile crescendo di attività. E furono predisposte all'ultimo minuto le valigie per mettere i vestiti e gli effetti personali, le borse con i documenti, i preziosi (scarni) e altri oggetti di valore messe da parte e tenute vicino per essere trasportate di persona.
Il nostro trasloco ovvero la Il trasferimento delle ultime cose rimaste e lo spostamento della Nonna e della Prozia, nonché di mio fratello, avvenne con una precisa pianificazione e quasi fosse un'operazione militare con una sua logistica determinata dalla mente organizzativa della mamma.
La mamma si spostò alla guida dell'unica auto che avevamo a quel tempo.
Io e mio padre - ultimi a lasciare il campo - avremmo seguito con le nostre bici (da poco mio padre mi aveva insegnato ed io spesso lo seguivo in lunghe passeggiate fuori porta)
Fu così che Io e mio padre fummo gli ultimi a lasciare la casa dove io avevo avevo vissuto dalla nascita sino ai miei dodici anni: un'immagine mitica questa di mio padre, come un comandante che è l'ultimo ad abbandonare la nave, dopo essersi assicurato che tutti si sono messi in salvo.
Era una sera di luglio, ma già faceva buio, quando lasciammo Viale Regina Margherita.
Non so per quale motivo mio padre non volle passare dal centro città, scendendo cioè, tra i possibili itinerari, per via Dante, ma volle optare per il percorso indubbiamente più lungo che passava per Piazza Principe di Camporeale-Via Noce- Circollanvallazione (l'odiermo Viale della Regione Siciliana) che allora era una semplice strada a doppia corsia, ma già super-trafficata. E, a quel tempo, non illuminata.
Forse aveva semplicemente voglia di fare un itinerario più lungo, non so.
Sicuramente era energico, perchè pedalava con grande vigore.
Stavo incollato alla sua ruota (io senza illuminazione), con il cuore in gola: ero spaventato da tutto quel buio spezzato dalle lame di luce delle auto e dei camion.
Ma nello stesso affascinato da quella che mi pareva essere un'avventura, un rito di passaggio nella transizione dal vecchio conosciuto (la casa della mia infanzia) al nuovo ancora ignoto (il nuovo appartamento e il nuovo mondo che mi si apriva all'esplorazione) e, certamente, comportante uno sradicamento.
Ma, nello stesso tempo, c'era l'odore sottile della zagara con le sue sottili promesse e c'era quello pungente e resinoso degli aghi di pino che mi avvolgevano e mi seducevano con la loro morbidezza e, direi quasi, con la loro tridimensionalità.
Il nostro trasloco ovvero la Arrivammo alla fine, sani e salvi: riponemmo le bici nel garage nuovo di zecca; salimmo al secondo piano e trovammo già pronta una frugale cena che consumammo tutti assieme semi-accampati e poi, tutti a nanna, a passare la prima notte nella nuova casa in una nuova fase della vita di noi tutti.
Ma io ero così eccitato che non riuscii a dormire granché: avevo voglia che facdesse giorno per vedere la nuova casa alla luce del giorno e per potere cominciare a spacchettare le mie cose.
E questa è la storia della nostra "carriata".
Era l'Estate di vacanza tra la mia II e III media ed io dovevo ancora compiere il mio 12° compleanno.
Credo senz'altro di poter dire, se dovessi annotare un punto di discrimine, che proprio lì ebbe inizio la mia adolescenza.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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