Viviamo in un'epoca in cui è sempre più difficile relazionarsi concretamente con altri che frequentiamo nella vita "reale" e parlare di sé.
Mi sembra che, a volte, l'uso che si fa di Facebook (che è forse la più gettonata bacheca sociale per l'uso andante e quotidiano) rifletta proprio questa crescente difficoltà, con una conversione verso la dimensione relazionale tra "avatar" o "fantasmi".
Alcuni trovano più facile parlare delle proprie difficoltà e dei propri crucci, scrivendone sulla bacheca di FB, piuttosto che telefonare a qualcuno con cui si sia in confidenza oppure uscire di casa per andare a trovare uno dei propri amici che anche in questo caso possa fare da confidente.
Scrivere su Facebook è, in un certo senso, un po' come parlare ad alta voce allo specchio, guardando se stessi, intravedendo alle spalle della nostra figura riflessa dei fantasmi che si agitano e che come ombre sono inafferabili.
Forse, parlando ai fantasmi e alle ombre, si attenua un po' il senso di profonda solitudine in cui ciascuno vive immerso.
Perchè - gratta gratta - alla fine si scopre che nel nostro tempo di vertiginosa ascesa dei mezzi dicomunicazione attraverso cui tutti sono connessi in una rete, in un modo o nell'altro, tutti si sentono profondamente soli e non hanno nessuno a cui poter dire "Oggi, la giornata mi è andata storta e mi sono successe delle cose davvero terribili. Ho bisogno di stare per un o' in compagnia di qualcuno. facciamo quattro passi assieme?".
Un tempo si andava dal prete a confessarsi: e spesso si trattava di una confessione che nulla aveva a che vedere con il significato religioso e sacramentale che le è attribuito, ma che era piuttosto correlata con la necessità di alleviare il carico dei propri crucci e delle proprrie traversie esistenziali.
A questo riguardo, mi ha colpito particolarmente ciò che ho trovato scritto sulla bacheca di un utente FB, che mi sembra appunto esemplificativo dell'uso di Facebook come strumento per non sentirsi solo, per raccontare la propria solitudine e la tristezza di una giornata andata male.
(GLC su Facebook) Seduto in pizzeria da solo... Una solitudine al tavolo del ristorante non cercata ma comunque in questo momento apprezzata e che mi regala qualche minuto di "irrequieta tranquillità"! Stanco arrivo a questo tavolo. Stanco fisicamente x una giornata intera di sistemare casa a Cefalù e dopo i 12 km di corsa fatta stamattina alle 6,00 del mattino. Poi improvvisamente mia madre nel pomeriggio perde l'equilibrio e razzola per una intera rampa di scale a Cefalù a testa in giù. Paura. Sgomento. Sconforto. Poi fortunatamente riesce ad alzarsi aiutata da me e dai vicini che ho chiamato e ora lei è al pronto soccorso (nulla di grave solo contusioni alla testa e alle braccia e gambe). Ma la terranno in osservazione x cautela x qualche ora mi han detto in infermeria. Svenivo dalla fame e così sono ora seduto a questo tavolo del ristorante di Cefalù, da solo.
La pizza stavolta avrà un sapore un po' diverso...e pensare che è il mio piatto preferito x eccellenza! Pazienza...
Credo, tuttavia, che - sotto questo profilo - la funzione di FB (o di qualsiasi altro social network) sia puramente illusoria e appena appena consolotaria.
Alla fine, si rimane profondamente soli, esattamente come lo si era prima di dare inizio alle proprie confessioni e ai propri sfoghi.
Anzi, più ci abituiamo a quasta modalità relazionale illusoria, meno saremo in grado di portare avanti una relazione intima - nel senso della capacità di trasmettere emozioni e di parlar di sé così come confrontarsi direettamente su qualsiasi questione in modo articolato e dialettico - con un interlocutore che sia vivo, in carne ed ossa e non semplicemente un fantasma di cui possiamo vedere soltanto delle foto.
Così, crescono a diismisura le solitudini individuali, mentre si riducono sempre di più le competenze sociali.