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22 agosto 2012 3 22 /08 /agosto /2012 21:19

Facebook-in-the-rain.jpgViviamo in un'epoca in cui si verifica un fenomeno preoccupante che insidia le relazioni interpersonali vere e il contatto con la realtà.
I Social Network (e in testa a tutti Facebook), se hanno aperto delle prospettive comunicative prima assolutamente impensabili, nello stesso tempo hanno preso ad erodere la dimensione reale delle relazioni interpersonali tra gli individui.
Ovviamente, non è solo questa la causa del deterioramento relazionale: va messo nel conto anche l'iper-sviluppo della telefonia mobile e dell'uso spinto delle messaggerie telefoniche.
Facebook è divenuto sempre di più una griglia che "formatta" i pensieri e le relazioni: e questo fenomeno nè è sicuramente l'aspetto più insidioso.
Spesso, si guarda a se stessi in funzione del proprio profilo FB e di ciò che vi è postato in termini di pensieri, note scritte, immagini, link, filmati etc, etc. Nello stesso tempo, si è sovente in attesa spamodica (ma non dichiarata consapevolmente) di andare a verificare interazioni, commenti, notifiche.
Ci si presenta in continuazione e si offre agli altri che guardano dentro la rete sociale un'immagine di sé stabile (non necessariamente vera o completa) o continuamente cangiante, a seconda degli umori.
Non è infrequente constatare che nei luoghi pubblici, per esempio al bar, le persone sedute al tavolo accanto al tuo, se non sono entrambe impegnate a ditare messaggini sul proprio cellulare e a rispondere o fare chiamate personali, parlano di ciò che hanno postato nei rispettivi profili, a volte accalorandosi e dibattendo: nel momento in cui si sta assieme si parla di ciò che è accaduto nella realta virtuale di FB - e questo è davvero un paradosso.
Spesso le attività svolte su Facebook possono diventare occasione di furibondi litigi, che deteriorano le relazioni tra le persone reali, quasi che gli "amici" virtuali fossero più importanti e meritevoli di essere preservati a spada tratta.
Dunque, da un lato, Facebook insidia le relazioni reali, le corrompe, le deteriora: queste sono sentite come un limite rispetto alla sconfinata che offre FB rispetto alla possibilità di accedere a qualunque persona sia nella rete e disponibile al contatto.
C'è in questo la vertigine dell'ubiquità e dell'onnipotenza a fronte dei confini ristretti delle relazioni vere con persone vere.
Ciò è percepito da partner ed amici che osservano, scrutano, cercano di capire come si muove nella rete il proprio compagno, partner, amico o parente.
Ma, nello stesso tempo, si crea un altro tipo di problema: alcuni individui, più vulnerabili, forse di altri possono maturare nei confronti di Facebook una sorta di dipendenza.
Il social network si trasforma così da semplice "strumento" (come era stato inteso originariamente dai suoi inventori) a prigione.
Una prigione virtuale, d'accordo. Ma pur sempre una prigione.
E ciò si vede nell'incremento del numero di ore che si trascorrono davanti al PC, non genericamente, ma specificamente connessi al Social Network, ma anche nella rilevanza via via crescente che assumono le relazioni virtuali rispetto a quelle reali.
Questo è uno dei motivi per cui alcuni hanno un sacrosanto timore di Facebook.
Il breve romanzo di Paola Mastrocola (Facebook in the rain, Guanda 2012), in maniera delicata e divertente, illustra proprio questi aspetti, esaminando il rapporto tra una solitudine esistenziale (Evandra, la protagonista della storia è rimasta vedova precocemente) e la scoperta di Facebook, nel momento in cui si fa più acuto il vuoto relazionale e il bisogno di riempire la sua vita con altri stimoli.
La giovane vedova, dopo aver trascorso i primi mesi de lutto in un diuturno dialogo con il marito defunto (visitandolo ogni giorno al cimitero e indugiando a lungo davanti al loculo, intenta in muta conversazione), sente il bisogno di riempire il vuoto di lunghe giornate giornate di pioggia in cui non può rispettare l'abitudine della visita al cimitero: indirizzata da un'amica, prende ad impratichirsi nell'uso del PC, crea un suo profilo su Facebook, iniziando ad esplorarne le potenzialità. Arrivano così i primi contatti, le richieste di amicizia, la vertigine di alcuni incontri (tutti insoddifacenti).
L'ebbrezza che sperimenta è grande e inattesa, al punto che comincia a preferire stare dentro Facebook all'uscire con la regolarità di prima per recarsi al cimitero, ma anche rifiutando le relazioni "reali" che pure avrebbe a portata di mano, come con Baldo che è il collega dell'amica che ha passato lunghe serate con lei per istruirla nelle tecnologie informatiche e sui principi di base della navigazione in internet.

Il romanzo, assumendo quasi il carattere di un apologo, si conclude in modo inatteso, con un rapido precipitare degli eventi verso un'amara conclusione (che non sembra tuttavia definitiva ed irrevocabile).
Ai lettori è lasciato il compito di trarre le proprie conclusioni e, eventualmente, estrarre anche dal piccolo racconto, una morale e un insegnamento pedagogico.
Ma l'autrice non prende posizione: che ciascuno lo faccia da sé

Dal risguardo di copertina. Evandra vive in un piccolo paese del Centro Italia dove fa la casalinga. Rimane vedova all'improvviso, e la sua vita si svuota. Ha una figlia lontana, amiche indaffarate.
L'unica salvezza è andare al cimitero, trovarsi con le altre vedove a disporre i fiori per i propri cari.
Ma la pioggia... La pioggia ha un ruolo determinante in questa storia.
Di colpo Evandra scopre un mondo meraviglioso che fino ad allora le era del tutto ignoto: prende lezioni di Facebook e la sua vita cambia, si popola di personaggi un po' veri e un po' finti, buoni, cattivi, enigmatici, timidi.
Mastrocola.jpgE tra questi, persino un innamorato...
Una moderna favola d'amore, ambientata in un'epoca, la nostra, dove il virtuale si confonde con il reale, ma dove anche s'incontrano quelle anime semplici, appartate e solitarie, che Paola Mastrocola sa far vivere con felice ironia.

L'autrice. Paola Mastrocola è nata nel 1956 a Torino, dove tuttora risiede. Insegna lettere in un liceo scientifico. Fino al 1999 ha pubblicato poesie e saggi sulla letteratura del Trecento e Cinquecento. Dal 2000, presso Guanda ha pubblicato cinque romanzi (La gallina volante, Palline di pane, Una barca nel bosco, Più lontana della luna e La narice del coniglio), il pamphlet narrativo La cuola raccontata al mio cane, il romanzo-favola Che animale sei?.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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