A volte, se un libro mi piace veramente, comincio a procedere nella lettura a pieno regime...
Sono preso dall'ansia di arrivare alla fine, un'ansia che non è esattamente identica all'ansia bulimica di divorare un libro appresso all'altro.
A volte, assecondo questa voglia simil-bulimica.
Ma se un libro mi piace veramente, allora, scatta un meccanismo diverso.
Quando mi rendo conto di averne superato la metà e quando - specie se si tratta di un'opera di narrativa - l'intreccio si fa incalzante, ecco che vengo preso dall'ansia conntraria di arrivare alla fine.
La fine di un romanzo che ci è piaciuto è come un addio: è tale il piacere di stare assieme a loro che non li si vorrebbe più lasciare.
E, quando si avvcina la fine, bisogna congedarsi da loro.
L'ora degli addii si fa incombente e questo accade ben prima che si arrivi all'ultimo capitolo o che i nostri occhi si posino sulla parola fine.Capisco adesso a distanza di molti il senso di un romanzo di Willliam Golding (Oscar per la letteratura e autore del magistrale "Il Signore delle Mosche") che finiva senza finire, in realtà. Arrivai all'ultima pagina, all'ultima frase che era lasciata in sospeso, con i puntini di sospensione... E rimanevi con la sensazione che il romanzo non fosse finito, poichè la sua conclusione era rimasta aperta. Mi chiederete quale fosse questo romanzo. ma la memoria in questo momento non mi aiuta... Forse si trattava di "Riti di passaggio"... Prima o poi controllerò... Anche perchè mi viene in mente che ho un conto in sospeso con William Golding, nel sel senso che mi manca la lettura di alcune delle sue opere.
Insomma, quando arrivai nei pressi della fine di un romanzo (e, come ho detto, la percezione della fine può già farsi incalzante, quando sia nel pieno della narrazione che scorre come un fiume tumultuos, è come quando, giungendo il momento di partire e di lasciare i nostri cari, continuiamo ad indugiare per guadagnare qualche altro minuto prezioso in loro compagnia e troviamo scuse per ritardare il commiato.
Quando mi rendo conto ciò, metto freno e comincio a centellinare le pagine: concedendomi solo poche di esse per ciascuna seduta di lettura: poi, con uno sforzo sovrumano, chiudo quel libro (e un'operazione che faccio sempre con un certo rammarico) e passo ad altro.
In questo modo il piacere di quella lettura durerà più a lungo. Interviene anche il piacere della dilazione e della sospensione, indubbiamente: e c'è il tempo di compiere un lavorio mentale inconsapevole su ciò che abbiamo assorbito sino a quel punto.
E' come un amplesso che si decide di protrarre il più a lungo possibile, postponendo il momento finale. Un coitus reservatus, per così dire, o anche una modalità di sesso tantrico in cui ciò che importa è il percorso dell'eros, in cui ciò che conta è il godimento prolungato di un un piacere rifratto, senza che ci sia mai un culmine, e dell'attivazione sensuale sempre più complessa, non certamente un orgasmo finale che lascia un vuoto finale, aprendo la porta alla tristezza e alla malinconia (Post coitum omne animal triste).
Sì, il raffronto tra piacere per la lettura e godimento sessuale, in realtà, non è ardito o irriverente come potrebbe sembrare a prima vista.
Perchè il rapporto con i libri spesso è sensuale.
I libri vanno toccati, odorati, sporcati: se sulle pagine ci sono chiazze di caffè o ditate di marmellate, ciò che significa che il rapporto con loro è stato vissuto profondamente.Dobbiamo sentire il loro peso nelle nostre mani, le qualità della superficie della pagina, guardare più volta la loro copertina e scoprire ogni volta piccoli, nuovi, dettagli.
Le loro pagine bianche e i margini vuoti devono essere annotati dalla nostre penna con brevi commenti sul libro stesso oppure per scriverci su altri pensieri non attinenti (ciò che ci è venuto in mente come percorso libero associativo durante la lettura, un sogno o quant'altro, ma perfino una breve nota della spesa, un promemoria su di una notizia che abbiamo appena sentito alla radio e così via).
C'è fisicità nella lettura: le singole parole devono essere come acini d'uva che si schiacciano crocchianti tra i denti e il cui succo assapporiamo con voluttà ad occhi chiusi, lasciandoci inebriare dalle sensazioni.
Quindi, se a volte bisogna essere capaci di leggere velocemente, altre volte dobbiamo trovare la capacità di essere lenti per assaporare ogni singola pagina, come un vino pregiato che va degustato a piccoli sorsi per poterne apprezzare il bouquet in tutte le sue sfumature.