Una volta ebbi bisogno di acquistare senza spendere una cifra eccessiva delle scaffalature di legno con cui organizzare in economia una libreria suppplementare per accogliere la marea montante di libri e chiesi al nostro falegname di fiducia dove potessi trovarne.
Lui, senza esitare, mi disse che, senza meno, sarei dovuto andare al "Lili Marlene" e che là avrei trovato tutto ciò che sarebbe stato utile a soddisfare le mie esigenze ed io chiesi, cascando dalle nuvole: "Ma dove si trova?".
E lui mi diede tutte le spiegazioni del caso, indicandomi in pratica la via per arrivare al Forum, il grande ipermercato di Palermo (lato Messina). E così partii alla ricerca del Lili Marlene,seguendo puntualmente le istruzioni ricevute.
Ed ero davvero convinto di ciò che cercavo, ci avrei messo la mano sul fuoco che il luogo si chiamasse in quel modo. Mi piaceva d'altra parte pensare che un luogo dove vendevano oggetti utili al bricolage di falegnameria potesse avere un nome così evocativo: "Lil^ Marlene", nientemeno.
A chiunque, in caso di bisogno, avrei potuto chiedere la direzione per arrivare al "Lilì Marlene".
E per fortuna non chiesi ad anima viva...
Arrivato sul posto, mi resi conto che non c'era nessun "Lilì Marlene" e che, invece, campeggiava davanti a me l'enorme struttura del "Leroy Merlin".
"Ah!", dissi a me stesso , "allora era questo il posto!" e mi annotai mentalmente la cosa, come singolare esempio da menzionare a proprosito dei fraintenidimenti linguistici derivanti dal fatto che uno dica una cosa invece che con il suo giusto nome con un appellativo deformato o per ignoranza o per consuetudine.
A volte le trappole scattano quando una parola viene deformata radicalmente da un'inflessione dialettale, come in questo esempio gustoso che riporto in forma di dialogo (fonte: Elena Cifali)
-Mi scusi, cosa c'è qui dentro?
-La baciamella!
-Cosa?
-La baciamella!!
-Che cosa?
-Signoraaaa, a baciamella, chidda ca ci metti 'nde lasagni!!
-Ahhh!! La besciamella! Mi scusi, sa, a quest'ora sono un pò rincitrullira!!
Oppure, possono esserci altre situazioni in cui una parola viene pronunciata distorta per consuetudine e alla lunga viene a soppiantare la parola giusta, anche quando si dovrebbe essere per decenza o per correttezza o rispetto.
A tal riguardo riporto due esempi.
Ai tempi della scuola, un mio compagno di classe (a partire dalla prima ginnasio del classico) si chiamava di cognome "Coico", che per noi era altamente comico e che presto prendemo a trasformare in "coito", ovviamente, all'insaputa del diretto interessato, facendoci ogni volta grasse risate. Ma poi accadde che, usa la parola cambiata oggi, usala domani, alla fine comincio a scapparci "Coito" anche quando ci rivolgevamo direttamente a lui.
L'altro esempio plateale èdei tempi del mio servizio come Ufficiale di complemento presso l'Ospedale militare di Palermo.
Lì, come in ogni struttura militare, era presente lo "Spaccio" che, tuttavia molti dei soldati ed anche alcuni dei sottufficiale per uan sorta di spirito goliardico chiamavano sovente "spacchio" (anche sotto la spinta della ben nota ossessione sussistente negli ambienti militari di quel tempo - esclusivamente maschili - per il sesso, visto in un'ottica deformata.
Una volta arrivò all'ufficio dov'ero assegnato una circolare, in cui il sottufficiale di turno ( o lo scritturale che aveva scritto sotto dettatura) invece di "spaccio" aveva scritto "spacchio". E' lì risate a mai finire, anche se quel lapsus scrittorio denotava una sinistra perdita di controllo rispetto ad un'ossessione soggiacente.
D'altra parte, il detto popolare dice: "Prendere fischi per fiaschi e lucciole per lanterne"
E, per finire, non può mancare una riproduzione in video della celebre canzone (che, detto tra parentesi, a me bambino - figlio del dopguerra - piaceva tantissimo).