Le fontane nelle città antiche venivano edificate dai potenti oltre che con intenti scenografici, anche per il diletto e il beneficio del popolo: e, quindi, pur costruite da grandi architetti e con intenti scenografici (e ciò riguarda soprattutto le grandi fontane del Barocco), il loro impiego - come effetto secondario non preventivato - era umile.
I popolani vi si lavavano, vi si rinfrescavano, vi mettevano a mollo i piedi per trarne beneficio: e tutto questo sotto il sole torrido dell'estate poteva avere un senso, anche se la cultura del "bagno" a mare e in lago per diletto si svilupperà soltanto verso la fine dell'Ottocento).
Insomma, fontane e bacini erano concepiti per essere "usati" e non semplicemente contemplati da persone colte da una sensazione di rapimento estetico.
Ciò aveva un senso tanto maggiore se si considera che la maggior parte delle abitazioni era priva dell'acqua corrente: le fontane pubbliche serivvano quindi anche per lavare i propri panni oppure per attingere le scorte d'acqua per gli usi domestici. E per questo, sin dall'epoca romana vi erano i Lavatoi (alcuni dei quali particolarmente imponenti) e le fontanelle (che oggi, purtroppo, tendono a scomparire oppure a rimanere desolatamente all'asciutto)
Oggi, invece, si osserva un totale rovesciamento: le fontane pubbliche, specie quelle antiche, possono essere solo contemplate e la loro fruizione può essere soltanto estetica.
Ai "contemplatori" è richiesto di rimanere insensibili al fascino attrattivo delle acque fresche e chioccolanti.
Ci si sorprende, se qualcuno - messo da parte lo stile contemplativo richiesto - si abbandona alla naturale esigenza di rinfrescarsi.
Si considera una tale azione un vero e proprio reato: una volgare offesa al rispetto dell'Estetica e dell'Arte.
Quanta acqua è passata sotto i ponti dai tempi del Rinascimento!
Eppure, io mi sentirei più propenso a far sì le fontane avessero anche quell'utilizzo.
Un desiderio più teorico che pratico, in realtà, destinato a rimanere confinato nell'empireo dei sogni, sostanzialmente lettera morta e puro empito idealizzante.
Il problema vero è che, probabilmente, allora l'utilizzo che ne veniva fatto era grato e rispettoso: era fondamentalmente "discreto".
Oggi, anche perché nel frattempo siamo divenuti troppi e tanti, troppi, sono stati allevati nella feroce incultura del più bieco consumismo, l'utilizzo eventuale delle nostre fontane sarebbe irriguardoso e l'approccio sarebbe sovrapponibile a quello di un oggetto di consumo "usa e getta", con inevitabili derive vandaliche
E allora, l'unica strada percorribile, purtroppo, rimane quella dei divieti e delle punizioni.
E' del 2007 l'episodio in un cui Roberta, una turista milanese, ha fatto il bagno nuda nella Fontana di Trevi.
A Carabinieri che le contestarono il reato di atti osceni in luogo pubblico, disse: "Avevo caldo, L'acqua è di tutti".
Rimane - per noi più cresciuti - la nostalgia della bellissima sequenza ne "La Dolce Vita" di Federico Fellini del bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi.