(Maurizio Crispi) Il documentatissimo saggio dello psichiatra tedesco Manfred Spitzer, dal titolo "Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi" (nella traduzione di Alessandra Petrelli, Corbaccio, 2013), si legge con molto interesse poichè è un monito per mettere un freno all'introduzione di strumenti digitali nell'educazione scolastica e alla loro pervasività nelle nostre vite.
Spitzer ci avverte dei pericoli dell'uso eccessivo di media e giochi digitali e di tecnologie informatiche: e ciò non solo nei riguardi degli adulti che finiscono con il perdere delle competenze neuro-fisiologiche già acquisite e le cui funzioni corticali superiori si vanno atrofizzando, ma soprattutto nei confronti delle più giovani generazioni che non dovrebbero essere educate in alcun modo con l'utilizzo di tali tecnologie informatiche e con l'esposizione a media digitali: e ciò perché i loro cervelli (che rappresentzzione il substrato organico della mente) sono duttili e ancora in via di formazione e, quindi, proprio per questo più vulnerabili.
Quelle di Spitzer non sono semplicemente delle opinioni, ma scaturiscono da un'attenta - e non partigiana - rassegna della letteratura scientifica disponibile al riguardo, sino a comprendere i risultati delle più aggiornate richerche.
Passo passo, attraverso una serie di appassionanti capitoli, egli demolisce una serie di falsi miti relativamente a concetti come l'essere "nativi digitali" o al cosiddetto "multitasking".
La difficoltà principale nell'accettare e nel condividere le sue tesi deriva dal fatto che i media diffondono relativamente a questi stessi concetti false e tendenziose notizie, il più delle volte espresse in modo elogiativo e celebrativo. Ma anche dal fatto che molti politici e governanti collusi con le multinazionali sostengono - per disinformazione, ignoranza o spesso per portare avanti malcelati interessi - la tesi che i media digitali e le tecnologie informatiche facilitino lo sviluppo della cultura e delle competenze intellettive, intellettuali ed operative degli individui più giovani, così come fanno - secondo l'opinione corrente i video-giochi.
E, sul fatto che, proprio a causa di ciò, si portino avanti provvedimenti per dotare le scuole di computer e di ogni tipo di supporto informatico, laddove il migliore sviluppo neurofisiologico lo si ottiene con le metodologie didattiche tradizionali che implichino l'uso delle mani, della voce, dello sguardo, il tutto in un ambito relazionale con persone fisiche.
E, del pari, senza dover ricorrere a semplicistiche ricette, la protezione dalla demenza nell'età adulta deriva dal continuare ad esercitare la mente il più possibile con metodi naturali, con attività svincolate dall'uso dei PC, con stimoli ricchi e variegati, con l'esercizio della memoria, e così via.
Il volume è costruito con rigore scientifico e dotato di un indice analitico che consente di andare alla ricerca di singoli concetti e di specifici nomi, e - come nei saggi scientifici - ciascuno capitolo è dotato di una premessa e di una conclusione che espone in maniera sintetica i punti salienti trattati in esso e i concetti essenziali e più stringenti che emergono dalle evidenze scientifiche riportate, il che rende possibile sia una lettura veloce per catturare gli elementi essenziali, sia una più attenta rassegna analitica con i riferimenti - ricchissime - alle diverse evidenze.
E' un libro che tutti dovrebbero leggere e che, soprattutto, dovrebbe essere conosciuto da quei politici - anche nostrani - che vorrebbero introdurre in modo massiccio l'uso dei PC (o tablet, secondo le più recenti evoluzioni) nelle scuole, con beneficio esclusivo dei produttori e dei fornitori di tali tecnologie, sia hardware sia software.
Tutti coloro che hanno dei figli piccoli che si accingono ad entrare nel la fase della scolarizzazione dovrebbero preoccuparsi di simili derive e prendere a cuore questo problema, non astenendosi dall'assumere posizioni ferme, laddove sia necessario.
Lo stesso Spitzer afferma nella sua introduzione al testo che una delle molle principali che lo ha spinto ad interessarsi in modo approfondito della questione è stato l'avere dei figli piccoli e l'avere sentito la necessità di proteggerli da evoluzioni didattiche nefaste.
Se non si pone rimedio - avverte - il rischio è quello di vedere nuove generazioni crescere con competenze intellettive ed abilità neurofisiologiche sempre più limitate, per non parlare dei rischi connessi all'obesità e alle addiction in genere che si presentano come sviluppi complementari all'utilizzo dei media informatici.
Secondo Spitzer, in sostanza, proseguire su questa strada ci condanerrebe all'involuzione rispetto alla nostra condizione di esseri pensanti e performanti.
(Dal risguardo di copertina) Senza computer, smartphone e Internet oggi ci sentiamo perduti. Questo vuol dire che l’uso massiccio delle tecnologie di consumo sta mandando il nostro cervello all’ammasso. E intanto la lobby delle società di software promuove e pubblicizza gli esiti straordinari delle ultime ricerche in base alle quali, grazie all’uso della tecnologia, i nostri figli saranno destinati a un radioso futuro ricco di successi. Ma se questo nuovo mondo non fosse poi il migliore dei mondi possibili? Se gli interessi economici in gioco tendessero a sminuire, se non a occultare, i risultati di altre ricerche che vanno in direzione diametralmente opposta? Sulla base di tali studi, che l’autore analizza in questo libro documentatissimo e appassionato, è lecito lanciare un allarme generale: i media digitali in realtà rischiano di indebolire corpo e mente nostri e dei nostri figli. Se ci limitiamo a chattare, twittare, postare, navigare su Google… finiamo per parcheggiare il nostro cervello, ormai incapace di riflettere e concentrarsi. L’uso sempre più intensivo del computer scoraggia lo studio e l’apprendimento e, viceversa, incoraggia i nostri ragazzi a restare per ore davanti ai giochi elettronici. Per non parlare dei social che regalano surrogati tossici di amicizie vere, indebolendo la capacità di socializzare nella realtà e favorendo l’insorgere di forme depressive. Manfred Spitzer mette politici, intellettuali, genitori, cittadini di fronte a questo scenario: è veramente quello che vogliamo per noi e per i nostri figli?
Di "Demenza Digitale" hanno detto
«Se c'è un libro che va letto, tra i tanti apparsi sulla questione della società digitale, è quello di Manfred Spitzer.» (Il Sole 24 Ore)
«L'analisi spietata di uno dei più noti e autorevoli studiosi della Rete» (La Stampa)
«Dalla penna di uno dei più rinomati neuroscienziati tedeschi, si tratta di un documentatissimo saggio che vuole dimostrare come i media digitali siano pericolosi per la nostra mente e il nostro corpo» (Panorama)