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15 novembre 2011 2 15 /11 /novembre /2011 00:45

jollyroger.gifViviamo oggi in una specie di Far West.

Oltre ai furti ordinari (di auto, di moto, di biciclette), ai furti negli appartamenti e nelle case di campagna, ai furti cavi elettrici, ai furti con destrezza, agli scippi  e alle rapine con minacce ed intimidazione di telefonini e portafogli, ora anche a Palermo viene praticata una forma di pirateria organizzata per rapinare i ragazzini e giovani adulti dei loro mezzi a due ruote.
E non si tratta di furti dal parcheggio, ma di atti di pirateria veri e propri, che nella loro attuazione richiedono una precisa strategia: con una fase preliminare in cui la preda viene identificata, pazientemente seguita e intimorita sino all'assalto finale che può essere preceduto da una fase di inseguimento vivace, se la vittima designata si accorge di essere puntata e cerca di mettersi in salvo.
I "pirati" viaggiano in due su di un motorino, possibilmente di quelli con il targhino meno facilmente identificabili, magari a sua volta rubato.
Dopo il puntamento e l'eventuale inseguimento, il malcapitato sul suo due ruote viene stoppato e obbilgato a fermarsi e se non è pronto ad adeguarsi alla sopraffazione, viene fatto cadere.
Il passeggero del mezzo "assalitore" scende veloce di sella e, dopo una rapida colluttazione si impadronisce della moto puntata, e se ne va a tutta birra.
Semplice, rapido e pressocchè inosservato, con l'aggravante che i passanti presenti casualmente sulla scena del crimine fanno finta di non vedere in nome di quell'indifferenza che, assieme alla deregulation normativa e alla crescita degli episodi di violenza nelle nostre strade, fa parte integrante dei tempi che viviamo (si veda il fondamentale testo di Adriano Zamperini, L'indifferenza. Conformismo del sentire e dissenso emozionale, Einaudi, Torino, 2007).
Così, oltre al furto in sè - che può sempre capitare, per carità - si aggiunge la violenza della sopraffazione e il senso di umiliazione cocente per essere stato vittima di un sopruso. E, cosa risaputa, mentre al danno materiale si può sempre rimediare, la riparazione a quello morale è meno scontata ed immediata, ovviamente: si tratta di ferite che lasciano il segno, soprattutto per quanto riguarda la perdita secca di fiducia nei confronti del mondo e che, per essere sanate, richiedono tempi di elaborazione.
"Non è questa la società in cui voglio abitare", è la lezione di vita che si trae quando si è coinvolti in simili episodi, a parte le reazioni interiori di rabbia e di desiderio di aver reagito con una violenza pari se non superiore, per non parlare della controreazione di odio e di intolleranza che ne può conseguire: e anche questo è un danno esistenziale di cui non si può tener conto.

Si vorrebbe poter essere sempre degli agnelli e, invece, la società ci sollecita ad essere belve, a diventare agnelli capaci di ruggire, di mordere e di graffiare.

C'è comunque sempre da ringraziare che, in seguito all'assalto, non consegua alcun danno fisico per la vittima.
Il consiglio, in questi casi: mollare la presa, lasciare andare il proprio bene, per evitare il peggio. Non ha senso cercare di difendersi di fronte a persone che potrebbero tirare fuori il coltello o altro.

Nè tanto meno con simili individui è ragionevole ipotizzare una reazione violenta: violenza chiama altra violenza e ci farebbe slittare inesorabilmente, quella sì, verso un clima da far west, di sopraffazione e di giustizialismo del tipo "Fai da te".
Di un episodio del genere è stato vittima qualche giorno addietro mio figlio: un fatto increscioso che mi ha reso furioso, soprattutto per il danno morale che gli è stato inferto.
Il fatto si è svolto esattamente con la dinamica che ho descritto prima e, per fortuna che lui abbia avuto la saggezza di mollare la presa, evitando così il rischio di dover subire un ulteriore carico di violenza.
Dopo che mio figlio - poco dopo il fatto - mi ha raccontato dell'accaduto, sono rimasto per lunghe ore scombussolato, pieno di rabbia, senza potere fare nient'altro, tanto questo episodio mi era sembrato malevolo nella sua natura.
Soprattutto, perchè, in qualche modo, la sua cifra sancisce la perdita dell'innocenza e dell'illusione che il mondo degli uomini possa essere un luogo benevolo e di cui aver fiducia.
Posso immmaginare che per lui abbia avuto un impatto emozionale analogo a quando, ancora piccolissimo cadde, sbucciandosi il ginocchio su di uno scoglio, e per la prima volta dal taglietto che si era procurato vide per la prima volta uscire il suo sangue.

Non fu il dolore a sancire la sua reazione, e soprattutto la comparsa nel suo sguardo da bambino di un'espressione di profonda ed inconsolabile disperazione, ma il crollo della sensazione di vulnerabilità e di invicinbilità, dell'onnipotenza infantile, in altri termini.
Ho cercato di comprendere le sue emozioni di figlio, ripercorrendo le tappe fondamentali della mia adolescenza: e ho convenuto che, al suo posto, mi sarei sentito  profondamente ferito.
Eppure, ai miei tempi, benché a volte per strada mi imbattessi in tipi loschi e di cui avevo paura, tanto da sentirmi nella condizione di dover guardarmi le spalle e di procedere con tutti i sensi all'erta, mai nulla del genere mi è accaduto.
E, se mi fosse accaduto, mi sarei sentito prostrato, visto che già allora il mondo nella sua globalità mi faceva un po' paura (che poi ho superato cercando di guardarne alcuni aspetti positivi, ma senza cessare mai di avere un'attitudine guardinga e timorosa)...
Quest'episodio che si aggiunge ad altri di cui ho sentito, per me è un tassello della perdita dei valori morali, della deregulation normativa, ma anche l'indicatore del decadimento dei nostri tempi verso un'era oscura di cui oggi stiamo soltanto vedendo le anticipazioni.
E si deve concludere - con la morte nel cuore - che, se queste derive di cui vediamo le avvisaglie, non saranno arrestate, finiremo con il vivere in un mondo dominato dal principio nefasto dell'Homo homini lupus, un mondo in cui gli agnelli inevitabilmente soccomberanno sottomessi alla legge della primordiale della clava e della sopraffazione.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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