(Maurizio Crispi) Charles Dickens negli ultimi anni della sua vita, sempre contraddistinti da una grande frenesia tra scritture di articoli, racconti, conferenze e reading di brani scelti della sua produzione letteraria, dopo il 1865 e dopo essere stato coinvolto in un incidente ferroviario, dal quale uscì incolume ma fiaccato nella tempra, mise mano ad un romanzo che, a differenza dei suoi altri, si distingueva perchè vi si introduceva un elemento poliziesco che, in generale, Dickens aveva sempre aborrito. Quando, in maniera imprevista, Dickens mori, il romanzo rimase incompiuto, lasciando tutti gli appassionati e gli esegeti dell'opera dickensiana a scervellarsi sulla sua possibile cocnclusione, anche perchè sin quasi dall'inizio della narrazione un delitto viene compiuto e - almeno apparentemente - l'assassino viene identificato e consegnato alle legge.
Il mistero era fitto, anche perché Dickens aveva mantenuto il più totale riserbo sul suo progetto e nemmeno aveva lasciato appunti preliminari sulla trama e sui suoi esiti.
In tanti si cimentarono nel tentativo di scriverne una conclusione, ma - il più delle volte - il romanzo è stato edito nella sua forma incompiuta.
Anche i nostri Fruttero & Lucentini si sono cimentati nella sfida e sono stati quelli che, in forma più completa, sono stati capaci di scrivere la "loro" storia (La verità sul caso D., Einaudi, 19891), sia pure nel rispetto della cornice dickensiana.
Dan Simmons con il suo Drood (Eliot, 2010) ha voluto confrontarsi anche lui con la sfida, ma anziché provare a riscrivere il romanzo - o a completarlo - ha seguito una strada diversa, quella di raccontare gli ultimi anni della vita di Charles Dickens, visto attraverso gli occhi di un altro scrittore coevo che lo conoscevsa bene, sia per le numerose collaborazioni letterarie e drammaturgiche, sia perchè di Dickens fu un confidente, sia per rapporti di parentela (poichè aveva sposato una delle figlie di Dickens stesso). Si tratta di Wilkie Collins, autore di alcuni celebrati romanzi vittoriani, tra i quali quello che più di tutti gli dette rinomanza fu "La pietra di Luna".
Cosa ha generato lo sforzo di Simmons? Il voler scrivere, essenzialmente, un romanzo che consentisse al lettore di immergersi nella Londra vittoriana, con i suoi sotterranei e i suoi misteri, attraverso la narrazione degli ultimi anni di vita del grande Charles Dickens, visto attraverso gli occhi e le parole del suo amico/collaboratore/rivale William "Wilkie" Collins.
In una vicenda che, con qualche incursione nell'occulto e nel sovrannaturale, si annoda attorna all'elaborazione dell'ultima fatica letteraria di Dickens (Il Mistero di Edwin Drood2), poi rimasto incompiuto a causa dell'improvvisa morte del "Maestro Inimitabile" e della scrittura di una delle più celebrate opere di Wilkie Collins "La Pietra di Luna". Il romanzo in sè è un romanzo pienamente "dickensiano", ma ciò volutamente, visto che è Wilkie Collins il narratore: ed è volutamente pieno di digressioni, descrizioni, passi indietro e passi laterali e anche nello stile, con l'evidente tentativo da parte di Dan Simmons di creare un'opera scritta da Collins e tramandata al "futuro lettore". Con il risultato di creare una narrazione compessa che diventa un complesso gioco di specchi in cui uno scrittore (Dan Simmons) si cala nei panni di uno scrittore (Wilkie Collins) il quale a sua volta tenta di narrare con coerenza gli ultimi anni di vita di un terzo scrittore (Charles Dickens).
Il romanzo con le sue quasi 1000 - maestose e corpose - pagine contiene un ritratto interessante ed avvicente dell'epoca vittoriana e del mondo letterario londinese, oltre che essere capace di fornire un duplice ritratto: sia di Charles Dickens sia di Wilkie Collins che, nella sua veste di narratore, non può non parlare di sé.
E c'è anche tutta la rappresentazione dei "misteri" di Londra, con i suoi inquietanti sotterranei, cimiteri che danno accesso ad un mondo oscuro popolato da una folla di bizzarri ed inquietanti residenti, ma accanto al "Mondo di sotto", successivamente ripreso da Neil Gaiman in un magistrale romanzo fantasy di ambientazione londinese, c'è anche il "Mondo di sopra", quello dei tetti, degli abbaini e delle soffitte, ed ancora la rappresentazione di riti occulti ed esoterici di derivazione egiziana, oltre a quella dei primi tentativi di indagine "scientifica"...
E non sono per niente d'accordo con quanti hanno attaccato il romanzo per la sua lentezza o per la sporadica comparsi di colpi di scena: la storia non avrebbe potuto essere costruita se non in questo modo e il romanzo va gustato ed apprezzato per quello che è: un romanzo che nei dialoghi e nel distendersi della storia vuole essere un romanzo "vittoriano".
E in questo tentativo mimetico Dan Simmons è riuscito perfettamente, grazie anche a lunghi ed accurati studi letterari, storici, toponomastici ed altro, come testimonia la ricchissima bibliografica citata a conclusione del romanzo.
(Sintesi dal risguardo di copertina) Nel giugno del 1865, durante un viaggio in compagnia della sua amante, Charles Dickens rimane coinvolto in un incidente ferroviario, in seguito al quale incontra un sinistro personaggio di nome Drood che cambierà per sempre la sua vita. Il racconto degli avvenimenti che seguirono è affidato al suo migliore amico ed eterno rivale, Wilkie Collins, autore di libri come "La donna in bianco" e "La pietra di luna", che viene catturato in una serie di indagini nell'underworld di Londra, attraverso sotterranei oscuri e misteriosi, colonie umane di derelitti, fumerie d'oppio clandestine, pratiche di mesmerismo e sette segrete. Quando Drood sembra avvicinarsi alle loro ricerche, egli viene messo da parte da Dickens, il quale comincia a mostrare segnali inquietanti di cambiamento. Come se non bastasse, anche Collins inizia ad avere visioni inspiegabili, allucinazioni, un senso costante di minaccia. Provato fisicamente e mentalmente ma avvinto da questo gioco mortale, Collins si dibatte tra la paura della follia e il dubbio che tutto faccia parte di un diabolico piano della creatura che si fa chiamare Drood. Centrato sulle figure di due degli scrittori inglesi più influenti della modernità, è un romanzo storico-letterario sul mistero dell'ultimo omonimo romanzo rimasto incompiuto di Dickens, un inquietante racconto sovrannaturale e un'indagine psicologica sui recessi più oscuri della mente umana. Un'opera ambiziosa nella produzione narrativa di uno dei maestri contemporanei del romanzo americano.
(1) Il 9 giugno 1870 Charles Dickens muore nella sua casa di Gadshill lasciando irrisolto Il mistero di Edwin Drood, che da quel momento diventa il più intrigante, affascinante, dibattuto romanzo della letteratura inglese.
Un caso complesso e tuttora aperto. Fruttero & Lucentini si fanno aiutare dai massimi investigatori d'ogni tempo e paese: Holmes e Dupin, Padre Brown e Maigret, Marlowe, Wolfe, Poirot & Company; li riuniscono a Roma, grazie a onnipotenti sponsor giapponesi; e li mettono all'opera ciascuno con la sua esperienza, il suo intuito, il suo personalissimo metodo...
È nato così un geniale «cruciverba indiziario» dove il Mistero di Charles Dickens e l'Inchiesta di Fruttero & Lucentini si sviluppano, s'intersecano, si completano con un effetto di doppia suspense assolutamente irresistibile.
"Il caso pareva risolto. I massimi investigatori internazionali, unendo le loro forze, avevano finalmente penetrato lo sconcertante Mistero di Edwin Drood, che Charles Dickens aveva lasciato nel buio. Ma Hercule Poirot non era soddisfatto. Sentiva che qualche cosa non quadrava perfettamente..."
(2) Il Mistero di Edwin Drood è stato di recente riedito da Gargoyle (Gargoyle Books 2012, pag. 336), e si tratta sostanzialmente di un aggiornamento dell'edizione per i tipi di Guida (Napoli) del 1983: l'edizione Gargoyle si avvale dell’accurata traduzione dell’anglista Stefano Manferlotti, autore anche dell’esauriente introduzione ed è arrichito da un appendice con il cosiddetto “Frammento Sapsea”, cinque pagine fino ad oggi inedite in Italia che, secondo alcuni, avrebbero dovuto giocare un ruolo nella versione definitiva del libro.