Ho fatto un sogno in cui ero con il piccolo Gabriel, qualche anno più avanti.
Eravamo in viaggio, io e lui soltanto.
E ci trovavamo a vagare per i corridoi di un grande albergo, nel quale eravamo già stati ad alloggiare qualche giorno prima, ma eravamo poi andati via.
Gabriel doveva andare con urgenza in bagno a fare la pipì ed io non sapevo come fare ... "Mi scappa la pipì, papà!".
Decido di tentare la sorte, provando ad entrare in una delle stanze e, quasi fosse fatto apposta, mi si presenta davanti la porta della stanza che avevamo occupato in occasione del nostro precedente soggiorno.
Provo la maniglia che è libera: la porta si apre senza sforzo.
Entriamo (io furtivo, ma non Gabriel che non la percezione del fatto che stiamo commettendo un'infrazione) e ci dirigiamo verso il gabinetto, la cui porta si trova al di là del grande letto matrimoniale che è accuratamente rifatto.
Nel passare succede che metto in disordine il copriletto, rivoltandolo.
Apro la porta del bagno, ma - a questo punto - sono preso dal rimorso per essere un intruso ed un clandestino: decido di ritirarmi in buon ordine, trascinando Gabriel per la mano che, in tutta questa incursione, non ho mai abbandonato.
Nel momento di uscire mi rendo conto che, allineate vicino alla porta, ci sono delle scarpe tra cui alcune paia piccine, da bambino: e capisco che la stanza è in realtà occupata da una faglia ospite. Panico! Cosa fare?
Apro la porta e sbircio nel corridoio, due adulti e due piccoli si stanno avvcinando lungo il corridoio. troppo tardi.
Chiudo la porta alle mie spalle e cerco di sgattaiolare via come se nulla fosse, sempre trascinando con me Gabriel, ma l'uomo, barbuto e grosso, incombe minaccioso dietro di me, attendendosi delle spiegazioni.
Allora, eroicamente, anzichè continuare a fuggire, lo prendo da parte e gli racconto, parlando in Inglese, tutta la storia, a voce bassa, quasi si trattasse di una confessione resa ad un prete.
Gli dico che, pur rendendomi conto di avere infranto la sacralità della stanza (il che è imperdonabile), vi ero entrato tuttavia per un giusto motivo, solo solo perchè il mio bimbo aveva bisogno di andare al bagno.
Ma che poi, una volta dentro ero stato preso dagli scrupoli di coscienza e avevo deciso di lasciare tutto intonso e pulito (a parte il copriletto messo fuori posto) e di abbandonare l'impresa. E, alla fine, ribadisco ancora che tutto questo lo avevo fatto per il piccolo Gabriel.
L'uomo - che è anche padre di due piccini - sembra comprendere ed assente con gravità alle mie parole.
Mi pare anche di capire che il mio racconto lo abbia commosso, toccando qualche corda dentro di lui.
Mi stringe la mano e mi fa cenno che posso andare via indisturbato.
Nella scena successiva io e il piccolo Gabriel - tenendoci per mano - stiamo scendendo lunghe scalinate di questo stesso albergo, ricoperte di una spessa guida rossa, che in taluni punti è arricciata, sicchè devo condurre accuratamente Gabriel per evitare che inciampi.