Black City. C'era una volta la fine del mondo (di Victor Gischler, Newton Compton, 2011) è un romanzo che risente, in qualche misura della verve di cartoonist e sceneggiatore di Graphic novel, attività in cui l'autore si è pure esercitato.
Come dice il titolo, vi si parla d'un possibile scenario di fine del mondo o, come si dice, post-apocalittico: la civiltà dei consumi è crollata e si è avuta una totale deregulation.
L'autore non ci mostra il processo del crollo, ma ci introduce subito nel momdo radicalmente trasformato da epidemie, carestie, guerre e devastazioni: e tutto la sfascio e la desolazione ce li fa vedere attraverso gli occhi di Mortimer che, dopo dieci anni di volontario esilio iniziato quando già le cose cominciavano ad andare a rotoli, stanco di solitudine e di eremitaggio decide di ritornare nel mondo per ritrovarsi come uno che esce da una macchina del tempo dopo aver fatto un salto in un futuro che non conosce del tutto.
Il romanzo è di lettura facile, divertente ed ironica perché, pur proponendo un possibile scenario di fine del mondo e postcatastrofico, non lo fa nel modo pesante e cupo della serie cinematografica di Mad Max - tanto per fare un esempio molto conosciuto - ma con una cifra che in qualche mette il protagonista Mortimer, "redivivo" nella condizione di una specie di novello Candido voltairiano.
Sì, ci sono le violenze, le aberrazioni - tra cui quella estrema del cannibalismo -, le storture, ma nello stesso c'è una parodia e una beffa dei nostri modi di vivere.
Nella ricostruzione del mondo civilizzato andato in malora, quale sistema prevarrà tra un sistema puramente economico e commerciale (il Joey's Armageddon, che basa però il suo funzionamento su di una rigida divisione tra schiavi e individui che posseggono un censo) ed uno basato sull'affermazione totalitaria e sulla sopraffazione d'una nuova (ma sempre vecchia) emergente dittatura?
Secondo Gischler nessuna delle due modalità che si contrappongono antiteticamente l'avrà vinta: alla fine i nostri eroi tanto anti-eroi, Mortimer, l'amico Bill fissato con gli Stetson, Sheila ex-spogliarellista e prostituta (per sopravvivenza) godranno del loro meritato riposo nell'estremo Sud della Florida, dove si crea un sistema di vita tranquillo, edenico, basato sul libero scambio, sulle conversazioni amicali e senza leggi economico-finanziarie a fare da cappio.
Che altri si scannino pure, noi vogliamo vivere, embrano dire i tre scampati ad ogni sorta di peripezie.
Gustosissima le descrizione degli uomini condannati alla "biciclette" per produrre l'energia elettrica necessaria, in assenza di carburante, e il "Muscolo Express", un treno che assicura i collegamenti tra le varie sedi del Joey's Armageddon che funziona a trazione umana grazie a degli energumeni pompati di testosterone.
Sintesi del romanzo (dalla quarta dicopertina). Il mondo sembra arrivato alla fine: un virus letale sta divorando intere popolazioni, i crack finanziari si moltiplicano, una serie di attentati minaccia di distruggere le città. Mortimer Tate, agente assicurativo fresco di divorzio, decide di ritirarsi in una grotta su una montagna del Tennessee. Passano giorni, mesi, anni. Il suo corpo si indebolisce e la mente comincia a vacillare... Nove anni dopo, attratto dal suono di una voce, Mortimer scende dalle montagne ed emerge in un paesaggio surreale. L'America non esiste più. Quel poco che rimane dell'umanità si raccoglie intorno ai club di strip tease di Joey Armageddon, tra birra ghiacciata, ballerine di lap dance e buttafuori armati di fucili. Accompagnato da pochi sopravvissuti - il cowboy Bill, la bellissima spogliarellista Sheila e Ted, l'uomo delle montagne - Mortimer viaggia tra pericoli e devastazione, fino ad arrivare alla città perduta di Atlanta, dove lo attende una sfida che può determinare il futuro della civiltà...