Camminavo lungo vie cittadine sconosciute, di notte, appena illuminato dal fioco bagliore giallastro di lampioni.
Strade deserte, lungo le qualii soffiava un vento freddo che faceva rotolare qua e là carte ed involti di plastica, solevando le foglie secche in piccoli mulinelli.
Una sensazione di profonda soliitudine mi pervadeva, mentre andavo avanti, in un dedalo di viuzze in cui non mi raccapezzavo più.
La sensazione di solitudine era accresciuta dal fatto che non avevo con me lo zainetto che sempre mi porto appresso (e che è come una mia piccola casa ambulante).
Sopra indumenti invernali indossavo un pesante Bomber grigio con numerose tasche per riporre alcune cose essenziale, insolitamente fornito anche di un cappuccio per ripararmi dal freddo.
Eppure, continuavo a camminare e ad addentrarmi sempre di più in quella che assumeva l'aspetto inconfodibile di una Kasbah, priva tuttavia della consueta frenesia ed animazione che anima il cuore delle città mahgrebine.
Ad un certo punto di questo andare mi trovavo davanti ad uno stretto ponte di pietra, fatto per essere percorso esclusivamente a piedi: i suoi ingressi (anche quello all'altra estreemità, per quello che potevo vedere nel chiarore indistinto dei lampioni) erano bloccati da transenne disposte in modo tale da consentire il transito soltanto ai pedoni.
Come in trance, continuavo ad andare avanti e superavo così quelle transenne...
Ma, appena entrato nel ponte, ecco che, senza nessun preavviso, venivo assalito alle spalle.
Forse, un istante prima, ero riuscito a cogliere con la coda dell'occhio un guizzo veloce, un'ombra indistante e nient'altro.
Qualcuno mi ha bloccato le braccia con una presa invicibile a "cravatta svizzera" ed io mi sono subito ritrovato nell'impossibilà di fare il benchè minimo movimento.
In più, avevo la sensazione di essere allimprovviso privo di forze, come paralizzato.
L'assalitore senza volto - o un suo compare - mi ha sfilato dalla tasca laterale della giacca il portafoglio.
Poi, ha mollato la presa, spingendomi in avanti.
Io, girandomi, ho tentato una collutazione per rientrare in possesso di ciò che era mio.
A questo punto, pur nel buio ho visto del mio assalitore un volto affilato, incorniciato da una barbetta caprina, facendomi l'idea che dovesse trattarsi di un essere malvagio ed infido.
Ma, di nuovo, mi sono ritrovato privo di forze, messo a terra e schiacciato dal suo peso, mentre con espressione sogghignante mi si è fatto più vicino, alitandomi in faccia.
Come in un flash, ho pensato a tutte le scomodità che avrei dovuto patire, al calvario delle denuncie e delle richieste di replica di tutti i documenti di identità e i Bancomat.
Che fare?
Ho pensato che, forse, l'unica alternativa che mi prospettava, potesse essere quella di trattare: magari offrendo soldi in cambio dei documenti. Almeno quelli, insomma.
Ma ho anche riflettuto che sarebbe stata una battaglia persa e, convinto come ero che Barbetta di capra non sarebbe stato affatto malleabile, ero sul punto di rinunciare.
A questo punto, con una sensazione di sollievo, è sopraggiunto il risveglio: lasciandomi tuttavia con una profonda ansia addosso.
Mi sono ritrovato a pensare per alcuni minuti ad un programma di azioni per rientrare in possesso di tutto ciò che mi era stato sottratto.
Il sogno - un incubo, in realtà - era stato così vivido che i suoi effetti continuavano a protrarsi anche nella veglia.
E poi,ad un certo punto, ecco sopraggiungere, l'illuminazione: "Ma no, stupido! E' stato soltanto un sogno. Tutti i tuoi documenti sono ancora al loro posto!"
E mi sono riaddormentato tranquillo.
I sogni che adombrano il pericolo concreto di una perdita della propria identità personale sono sempre i più angoscianti.
Per pura coincidenza, la mattina dopo, quando ho aperto il PC, l'Amministrazione di Facebook mi ha informato che qualcuno nel corso della notte aveva tentato di accedere al mio profilo FB (tentativo compiuto da un server di Milano).
Ho dato la conferma che non ero stato io e allora FB mi ha detto, attraverso una successiva finestra di dialogo, che era opportuno cambiare la password di accesso e ne inserissi una più sicura.
Cosa che ho fatto immediatamente.
E ancora una volta sono rimasto stupito del modo in cui le cose si incastrano inesplicabilmente l'una nell'altra