Domenica 22 giugno, abbiamo colto l'occasione per compiere una gita sino ad Islington per visitare la "Estorick Collection of Modern Italian Art".
Londra è piena di grandiosi Musei, di grandissimo interesse, ma talmente maestosi, intricati e labirintici che ci perde e che, nel corso di una singola visita, presi dall'affanno di riuscire a vedere tutto, nel giro di pochissimo si finisce con l'essere sopraffatti e traboccanti di informazioni.
A scovarli, ve ne sono altri - sparsi qua e là (sia nella forma di Musei sia nella forma di piccole fondazioni, derivanti da collezioni private o lasciti), di piccolo calibro, ma ciò nondimeno interessantissimi e depositari di pezzi pregevoli.
E si tratta tutte di istituzioni che si muovono lungo le direttive di una vigorosa attività promozionale e culturale, con l'organizzazione periodica di mostre, dibattiti, seminari, proiezione di filmati attinenti.
E spesso il costo d'ingresso per queste mostre è relativamente modesto.
E' il caso, ad esempio, della Estorick Collection of Modern Italian Art, derivante dall'intensa attività di conoscitore e collezionista di opere d'arte italiane di Eric Estorick (1913-1993), storico, scrittore e sociologo statunitense che si trasferì a vivere in Inghilterra dopo la fine della 2^ Guerra Mondiale, da dove prese a viaggiare frequentemente in Italia, assieme alla moglie Salome Dessau (1920-1989), designer di tessuti e imprenditrice. Entrambi, in questi loro viaggi, erano sospinti dalla comune passione per l'Arte e il bello di cui l'Italia era terreno fertile e ricco.
Incontrò e strinse amicizia amicizia con alcuni dei maggiori artisti italiani del XX secolo (Modigliani, Boccioni, Marini solo per citarne alcuni), a partire da un primo incontro - fulminante - con l''arte di Modigliani.
Poi, per lui, la vita fu un via via continuo con l'Italia e, nell'arco della seconda parte della sua esistenza, mise assieme una vasta collezione di opere pittoriche e scultoree, estremamente significative, perché spaziano dagli anni del futurismo a tutta la produzione successive.
Nella galleria situata all'ultimo piano, è visitabile una mostra temporanea dedicata a Pablo Echaurren che rappresenta, per alcuni versi, un ripescaggio tardivo delle tematiche dell'avanguardia futurista futuriste con tecniche anticonvenzionali.
La mostra abbinata, in corso dal 30 aprile sino al 29 giugno era, in occasione di questa nostra visita (una piacevole ed imprevista sorpresa) "The Years of La Dolce Vita" (ovvero "Gli anni della Dolce Vita"), dedicata ai più begli scatti dei "paparazzi" - i fotoreporter d'assalto dell'epoca; e la parola per indicarli fu inventata da federico Fellini che, sul tipo cel "paparazzo" costrui uno dei personaggi del suo film più famoso -, che operavano nei ruggenti anni Sessanta della Roma del cinema.
Scatti che, ai tempi in cui venivano pubblicati nei quotidiani e nei periodici (e soprattutto in quelli scandalistici), rappresentavano il gossip di allora, ma che rivisti adesso a distanza di 50 anni, nel grande formato delle stampe da esposizione e appropriatamente incorniciati diventano simbolo, studio sociologico, opera d'arte della Fotografia in Bianco-Nero e, in particolare, della foto "istantanea", quella che coglie il momento, e che è tumultuosa nel suo svolgersi, senza nessuna premeditazione o studio d'inquadratura (l'equivalente di ciò che oggi la ripresa con handycam o con videocamera portata a spalla).
Foto - come quelle di Marcello Geppetti, considerato questo "il più sottovalutato fotografo della storia", di Tazio Secchiaroli o di Rino Barillari - che sono rimaste impresse nell'immaginario collettivo, persino del mio, poiché da piccolo - anche spinto dalla voglia pruriginosa di sbirciare dentro quei morbidi ed invitanti seni o di ritrovare altre, più provocanti, nudità - sfogliavo i rotocalchi dell'epoca che arrivavano a casa copiosi, anche per via dell'attività giornalistica di mio padre (che li aveva senza doverli comprare, perché li passava in esame per le rassegne stampa che era uno dei suoi compiti preparare), ed erano queste le foto che attraevano la mia attenzione: momenti della vita privata (che poi diventava pubblica a causa di quegli scatti), di personaggi "mito" come Sofia Loren, Brigitte Bardot, Simone Signoret, Anita Eckberg, Jane Fonda, Laureen Bacall, Audrey Hepburn, Liz taylor per non parlare delle loro controparti maschili, oggi più o meno dimenticate (chi si ricorda oggi ad esempio di Mike Hargitay, frequente accompagnatore di Jayne Mansfield, la risposta platinata e formosa degli Statutnitensi al fascino più discreto, ma smagliante di Brigitte Bardot?), di altri attori più celebri come Marcello Mastroianni, Charlton Heston, il nostro Totò, Jack Lemmon, John Wayne, Alain Delon, Kirk Douglas e dei "geni" del cinema come Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Pier Paolo Pasolini ed altri.
Da ragazzo, "bevevo" avidamente quelle immagini nei numeri di "Epoca" e de "Il Borghese" e trovarmele lì, in una mostra - quasi fossero pronte per me - è stata una splendida sorpresa.
La mostra è prevalentemente dedicata alle foto di Marcello Geppetti (con i suoi scatti più celebri), come la famosa foto del bacio tra Liz Taylor e Charlton Heston, mentre prendono il sole su di uno yacht ormeggiato, con qualche esemplare ragguardevole di Barillari, oltre alle foto di Arturo Zavattini scattate sul set de "La Dolce Vita" di Fellini che forniscono un'incisiva controparte alla vita reale: ma, in definitiva, dove stava la differenza? Era forse la vita degli attori e delle attrici che venivano ripresi dai paparazzi, nei diversi momenti della loro giornata, reale o non era piuttosto un prolungamento di tutto ciò che avveniva sul set?
Alcuni, in effetti, hanno detto della Roma di quel periodo - e, soprattutto, di ciò che avveniva in Via Veneto e dintorni - che tutto, qualsiasi cosa, ogni più piccola banalità, diveniva parte di un grande set cinematografico a cielo aperto.
Mancano invece del tutto le foto di un altro grande che fu Tazio Secchiaroli.
Giusto contraltare, quello scelto dal curatore della mostra, tra le foto "reali" e quello del set cinematografico che ha reso famoso e ha consacrato l'attività dei paparazzi, allora importuni e fastidiosi come moschi, oggi rivalutati al rango di artisti della fotografia.
La Estorick Collection si trova allocata in una casa di mattoni rossi (al n°30 di Canonbury Square, Islington), un po' scoloriti dal tempo, con abbinato giardino, nel signorile quartiere londinese di Islington (in realtà un Borough a sé stante). a poca distanza della quale - udite udite - si ritrova un ufficio della CGIL (ma pensate un po'!).
La casa è antica e avrebbe bisogno di qualche lavoro di restauro (ma così com'è si accresce ulteriormente quel fascino discreto del vecchiotto che sta per diventare antico), le scale per accedere ai due piani in cui è allocata la collezione sono strette e scricchiolanti: e tutto ciò ne accresce ancora di più il fascino, perché si ha quasi la sensazione di accedere in una casa privata che mette in mostra le sue bellezze.
Sul giardino, ombreggiato da alberi antichi e fronzuti, si apre una graziosa, piccola caffetteria e vi si affaccia anche un fornitissimo book e giftshop, particolarmente specializzato in opere tematiche.
All'ombra densa degli alberi ci si può sedere, godere del fresco e dell'ombra, mentre si usufruisce di una piccola consumazione, ed intanto ripassare le bellezze di ciò che si è visto.
Tutto a misura d'uomo, con una sfilza di persone che arrivano in visita, ma mai in grandi masse, individui singoli o in coppia.
Rimane pur sempre un luogo per pochi intimi, per coloro che sanno, per coloro che amano l'arte e il silenzio.
Tutti i visitatori accomunati dall'essere silenziosi e discreti fruitori, a godere di un magico momento.
Non ultima cosa, ad avere il suo pregio: il costo del biglietto che è di £5.00 o £3.50, per i cittadini senior.