Nel cassetto del comodino di mio padre, dove ho guardato oggi - forse per la prima volta - da quando se ne è andato nel lontano 1972, ho trovato una busta contenente delle foto di noi piccoli.
Erano le foto che teneva sempre con sé, evidentemente (alcune altre erano nel suo portafoglio, quello che aveva sempre con sè, perchè lo usava per portarci la patente di guida).
Questo ritrovamento - inutile dirlo - mi ha commosso molto.
E le foto ritrovate - alcune mai viste prima - le ho guardate e riguardate a lungo: foto in bianco nero, di un formato minuscolo, oggi assolutamente impensabile, alcune virate in seppia e con i bordi frastagliati (altra usanza tramontata nelle stampe fotografiche di oggi realizzate per mezzo di sofisticati macchinari che operano in modo standeard, senza poter introdurre questi piccoli abbellimenti).
Mio fratello e me da soli in vari momenti.
Insieme.
Mio fratello con la mamma.
Io con la mamma.
Tutti e tre assieme, in un giardino.
Vicino alla Millecento FIAT nuova.
Momenti diversi che rimandano a piccoli istanti felici, malgrado le difficoltà.
Mio fratello su un grande cavallo a dondolo che tenevamo a casa (ne ho soltanto un vago ricordo).
Mio fratello dentro un'automobilina a pedali.
Io imbronciato.
Io sorridente.
Mio fratello sorridente e sereno.
Io in bici a Villa Giulia (ma ancora con le rotelle) nel 1956.Io von un cravattinoa farfallo vestito per bene forse per la prima comunione.
Poi, tra le altre cose (come la "bustina" della sua divisa da militare in uno stinto grigio-oliva, la fondina della sua pistola d'ordinanza ed una piccola pistola scacciacani che portava sempre cos sé nelle sue lunghe passeggiate in montagna) de ho ritrovato un piccolo foglietto, dove mio padre aveva disegnato la mappa del tesoro...
Certi giorni stavamo a lungo all'Ospedale Enrico Albanese, dove mio fratello trascorreva parte della settimana perchè era inserito in un programma residenziale.Noi andavamo là e stavamo là: io andavo a giocare nel terreno circostanze che trovavo affascinante.
L'Ospizio Marino (così si chiamava allora questa struttura) era sul mare, costruita appositamente in un luogo soleggiato, poichè era stata inizailmente pensata come luogo di cura per il rachitismo (che all'inizio del XX secolo, ancora inperversava).
E, quindi, dal piano dove si trovavano i padiglioni, si poteva discendere al mare, seguendo delle misteriose scalette e attraversando una fitta boscaglia, sino ad arrivare al "solarium" una vecchia costruzione costruita proprio per esporre al sole i corpicini deformi dei bimbi rachitici.
Papà aveva trovato il modo di irregimentare attraverso il gioco la mia passione per l'esplorazione di questo spazio misterioso. E, in questo modo, mettteva a freno la mia impazienza.
E così mi aveva disegnato una mappa, piena di toponimi dai nomi accativanti, tipo "balcone dei Serpenti", "sentiero delle Tigri", "bosco degli Orsi", "passaggio dei Draghi", seguendo i cui percorsi - come nei migliori romanzi di avventure salgariani e stevensoniani - sarei arrivati infine al "tesoro".io andavo in esplorazioni, seguendo le istruzioni della "mappa" e poi tornavo da lui per irferirgli dei risultati delle mie esplorazioni.Lui si metteva nei panni del geografo ed io in quello dell'esploratore.
E del resto nel rapporto tra l'adulto che sa molte cose e il ragazzino che si affaccia alla vita e che ha tanto da imparare non dovrebbe essere sempre così?
E, forse anche per questo (ma senza averne consapevolezza alcuna), mi divertivo tantissimo.
Penso che, malgrado tutto, io e mio fratello (anche mio fratello, malgrado la sua malattia) abbiamo avuto il dono impareggiabile di avere - grazie ai nostri genitori - un'infanzia felice nel suo complesso (anche se fatta, come tutte le cose della vita di piccole gioie soltanto e punteggiata di dolori e di piccole infelicità, com'è naturale che sia..
E a loro posso soltanto dire grazie per tutto quello che mi hanno insegnato e per il modo in cui me lo hanno insegnato. Credo proprio che, oltre a quelle che mi ha disegnato, mio padre sia riuscito a trasmettermi delle mappe e degli strumenti per navigare nella vita e che, soprattutto, mi abbia insegnato a non aver paura ad avventurarmi nelle esplorazioni di ciò che ancora non conosco.
Maureen guardando le foto di Salvatore piccolo, mi ha detto: "Oggi, ha proprio lo stesso sorriso di allora"
La "mappa del tesoro" disegnata da mio padre
Salvatore nell'automobilina a pedali; vicino allo stipite della finestre, per metà profilo, si intravede la nostra bambinaia di quel tempo chiamata in casa "Lilla"
Io e Salvatore con la mamma.
Salvatore piccolo
Io, forse nel giorno della Prima Comunione
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