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Ero sull’orlo di una rupe
ricoperta dal verde fitto
della vegetazione selvaggia e rigogliosa
Sotto, ad un’infinita distanza,
scintillava il mare di un’azzurro intenso
che a tratti sfumava in tonalità di verde smeraldo
Ed era - questa -
una visione meravigliosa e corroborante
Due poiane volteggiavano alte nel cielo
lanciando i loro fischi
Ero lì e guardavo in basso
Il mio cuore tremava
I miei piedi poggiavano
su d'una grande roccia
piatta e rotonda
di duro granito
- un’ara sacrificale -
Il vuoto davanti a me mi respingeva
La visione del mare in fondo all'abisso
mi attraeva, con potenza
Mi pareva di sentire il canto ammaliante delle sirene
che lo abitavano
e i richiami dei cetacei
Sapevo che avrei dovuto lanciarmi
come altri avevano fatto prima di me
Era la prova suprema
Era il giudizio di Dio
Era il cimento ordalico
Era l’iniziazione
Ma indugiavo
Chi non lo farebbe?
Dietro di me qualcuno
- una presenza invisibile -
un mentore,
ma forse anche un sacerdote
bisbigliava parole rituali
mescolate con frasi d’incoraggiamento
e ordini brutali, secchi e decisi
Eppure non mi decidevo
a staccarmi dalla mia ombra
e a saltare giù
Nel tempo sospeso dell’attesa trepida
guardavo il film della mia vita
alla ricerca di colpe ed errori da espiare
ma anche dei momenti più fulgidi
che mi sarebbero stati d’ispirazione
Mi sentivo del tutto solo;
alla resa dei conti,
sotto il Cielo
e nello sguardo di un dio,
pietrificato nell'attesa
di un attimo eterno
e del volo
(dissolvenza)
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