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Oggi ho trasportato un Pietrone
Come mai?
Dirò qui che lo faccio spesso
Quando cammino li adocchio
me li coccolo con lo sguardo,
passando e ripassando
Poi arriva il giorno in cui passo
munito di un sacco robusto
Me lo carico e lo trasporto sino a casa
Perché lo faccio?
Cerco pietre per i miei muri a secco
in campagna
Li le pietre adesso scarseggiano,
almeno quelle grosse - manische -
utili per la parte frontale
dei muri di contenimento
Tuttora alcune volte riesco
a cavarle dal terreno
oppure le ottengo a colpi di mazza e di mazzuolo
da alcuni enormi massi
sparsi qua e lá
(il mio è un terreno con numerosi affioramenti
di calcare dolomitico)
Altre invece le raccatto in giro
Ed è così che, inglobate nella tessitura
dei miei muri a secco,
si possono anche vedere
delle pietre laviche che ho portato con me dall'Etna
Di molte delle pietre incluse nei muri
conservo memoria della provenienza
soprattutto quando me le sono faticate
Na tornando all'oggi,
mi sono sobbarcato ad una fatica
non da poco
Il Pietrone era dalle parti di via Notarbartolo
e me lo sono trasportato sino a casa,
con molto sudore
Durante il tragitto mi sono ricordato
d'una mia visita al campo di Mathausen
Qui c’era un enorme cava di pietra
Gli internati dovevano quotidianamente,
con qualsiasi meteo,
al freddo e al gelo oppure con il caldo torrido dell'estate,
cavare le pietre
e poi trasportarle,
incastrate in ruvidi basti di legno
sulle loro spalle,
pietre che arrivavano a pesare
anche 50 kili,
sino al sito dove, con quelle pietre,
sarebbero stati edificati gli edifici
del comando e dell’amministrazione
degli aguzzini delle Esse Esse
Dal fondo della cava, con il loro carico,
dovevano inerpicarsi su
per una rudimentale scala di irregolari gradini
scavati nella roccia
Se uno, stremato, cadeva,
trascinava molti altri nella sua caduta,
perché su quei gradini intrisi di sudore e sangue
erano sempre stipati a centinaia,
ognuno gravato del suo carico mortale
Molti morirono di fatica
proprio li,
tanto che quella gradinata,
ancora visibile al tempo della mia visita,
veniva chiamata la “scala della morte”
Oggi, è stata edulcorata e trasformata
in una gentile scala ad ampi gradoni
(un modo per cancellare una memoria dolorosa)
Da alcuni giorni cercavo di ricordare
il nome di quel campo di concentramento,
ma invano.
Niente da fare,
per quanto mi sforzassi, non mi veniva
Ed invece oggi,
durante il trasporto del Pietrone
ecco che quel nome è affiorato
alla superficie della mia mente,
forte e chiaro,
anche se la mia fatica e la mia sofferenza
erano soltanto un’infima parte
del tormento inflitto a quegli uomini
da feroci aguzzini
“Già dal 1939 iniziò lo sfruttamento della cava di pietra alla quale si accedeva attraverso la famigerata scala della morte, composta da 186 gradini irregolari e scivolosi”.
«La cava era là, con i suoi 186 gradini irregolari, sassosi, scivolosi. Gli attuali visitatori della cava di Mauthausen non possono rendersi conto, poiché in seguito i gradini sono stati rifatti - veri scalini cementati, piatti e regolari - mentre allora erano semplicemente tagliati col piccone nell'argilla e nella roccia, tenuti da tondelli di legno, ineguali in altezza e larghezza.»
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