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É qui che son nato il 9 agosto 1949, a Palermo, al primo piano della palazzina in Viale Regina Margherita, n. 11
Una casa che rimane piena di ricordi anche se, ormai, da lungo tempo venduta
Il balcone sul prospetto (a sinistra nella foto) e quello sul retro del’appartamento erano teatro dei miei lanci di monello, frutti, oggetti di casa, indumenti, giocattoli, talvolta perfino una sediolina abbinata al mio piccolo desco.
Lanci che, a volte, erano preceduti da una rincorsa vorticosa e, in questi casi, c’era spesso qualcuno dei grandi che mi inseguiva nel tentativo di trattenermi.
Io ero un fulmine di guerra e quindi non sempre i placcaggi avevano buon esito…
Il nostro appartamento confinava con quello delle prozie: al momento dell'acquisto, nell'anteguerra c'erano la prozia Irene che era rimasta vedova precocemente e la prozia Natalia che, pure morì presto, poichè non stava bene in salute, era sofferente. Sin dall'inizio le prozie decisero che dovevano poter comunicare velocemente con la nonna Maria e, a questo scopo diedero disposizione al mastro di creare una finestrella di comunicazione tra i due appartamenti in corrispondenza di un muro maestro dove si trovavano le camerette con soppalco che erano pensate come stanzetta per far dormire la domestica.
Questa finestrella veniva tenuta chiusa da entrambi i lati con una tendina in modo da evitare fastidiose correnti d'aria e la propagazione non desiderata di voci e di conversazioni. Al centro del suo ripiano della finestrella (che aveva una profondità di più di 50 centimetri) stava una campanella d'argento, di modo che chiunque - da un lato o dall'altro sentisse la necessità di dire qualcosa - potesse mettervi mano e il suono argentino potesse richiamare l'attenzione dall'altro lato della finestrella.
Scoperta questa cosa, io da piccolo mi divertivo moltissimo: spesso, non visto, facevo risuonare la campanella e poi andavo a nascondermi nel soppalco per vedere l'effetto che faceva. Si sentiva presto uno strascichio di piedi e arrivavano - a velocità diverse - la Marietta (la nostra domestica) e la Vincenzina (quella della prozia) e ogni volta iniziava un dibattito tra le due su chi avesse chiamato e perchè. Il mistero rimaneva, ovviamente, irrisolto e entrambe tornavano alle loro faccende. A questo punto io scendevo dal soppalco e tornavo a far risuonare la campanella. Di nuovo mi nascondevo per vedere l'effetto che faceva. E così via, per tante volte di seguito. In silenzio, mi facevo delle grasse risate.
Il soppalco era pieno di bauli e di cose vecchie: ed era per me un luogo affascinante, al quale si accedeva per una ripida scaletta simile a quella delle navi. E qui, tante volte, mi mettevo a scartabellare e ad esplorare.
Per questo motivo la stanzetta mi faceva pensare ad un covo di pirati. Quando già la Marietta non c'era più, in questa stanzetta a volte dormivamo con i iei cuginetti, quando rimanevano a pernottare da noi. Ed era proprio come dormire in un posto di avventura ed esotico.
E sulla casa originaria di Viale regina Margherita ci sarebbero davvero tante storie da raccontare, molte delle quali le ho pubblicate nei miei blog, nel corso degli anni man man mano che rìi ricordi affioravano e richiedevano di essere in qualche modo fissati.
Ma tornando alla foto che mi ha dato lo spunto per scrivere queste cose, quando ero piccolo, la conifera svettante davanti all’edificio non c’era.
Invece, c’era un vigoroso rampicante - una varietà di gelsomino dai fiori profumatissimi - che, prendendo origine dal giardinetto sottostante si arrampicava, attorcendosi, sino alla colonnina angolare del nostro balcone.
Molte delle palme che fiancheggiavano su ambo i lati Viale Regina Margherita sono state sterminate dal punteruolo rosso
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