Questo scrissi il 28 agosto 2010, cercando di rimettere assieme le impressioni scaturite da una passeggiata notturna nel cuore del quartiere della Palermo antica, conosciuto con il nome di ballarò.
Anche questa nota mi è stata restituita da Facebook in forrma di "ricordi". Mai pubblicata nei miei blog.
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Il barong della monnezza urla, scricchiola, sbuffa e geme,
attorniato dalla sua scolta di servitori vocianti,
prezzolati solo per alimentare di continuo la sua bocca rapace
Mentre il ventre immenso del drago viene riempito,
grevi olezzi si diffondono nell'aria,
odori di digestione acidula, di putrefazione e morte
che nemmeno i più densi fumi d'incenso possono mascherare
La piazzetta è piena di banchi di vendita secolari,
accatastati e protetti da teli colorati che, nella notte,
paiono tutti dello stesso colore smorto
I venditori sono a dormire, adesso,
a terra sul pavimento di grosse pietre squadrate
ci sono solo i resti del mercato
Una volta passata la furia meccanica del barong
è di nuovo in quiete in attesa del nuovo giorno.
C'è una cupola arricchita di rilievi barocchi,
che domina dall'alto
rievocando i fasti passati d'una città,
oggi corrotta
Vie dai nomi antichi
formano un reticolo labirintico
dove, per non smarrirsi, occorre legarsi ad un filo di Arianna
nella speranza di non dover incontrare mai
l'orrendo minotauro dei nostri sogni più crudeli,
e la Bestia
Ma le strade sono vive e vitali
bar e osterie ancora aperti a tarda notte
Africani dalle pelle d'ebano,
avvolti in vesti colorate, indugiano
parlottando tra loro in idiomi stranieri
Musulmani con il turbante
accompagnati da donne velate
camminano inquieti
Giovani maghrebini hanno appena finito
la cerimonia del narghilé
nei pressi della porta antica
che trapassa i resti d'una possente cinta muraria
e, vicino, una torre d'acqua stillante umidore
Con un po' di fantasia
si potrebbero avvistare anche gruppi di dervisci danzanti,
con i loro cappelli cilindrici tinti di rosso cupo
e le ampie vesti bianche
alla ricerca della loro estasi turbinante
E, al passaggio, nella piazzetta,
chiuso dentro un'edicola incassata nel muro,
si nasconde un cristo dal volto sofferente,
incorniciato di spine e reclinato
sotto il peso immane della croce
(ma la croce si può soltanto immaginare, perchè manca,
eppure - nell'assenza - se ne riconosce l'ingombrante presenza)
Poco più avanti,
l'icona statuaria, a grandezza naturale,
di un santo pio benedicente,
attorniata da fiori e offerte votive.
Sussurri, brevi conversazioni, silenzi
il tessuto vivente della via risuona tutt'attorno
La vita pulsante
fatta di fede e bestemmie,
di cose quotidiane e cose ultime
i cui simboli sono disseminati dovunque
perchè mai ci si debba dimenticare
del termine che ci attende
E questi segni,
imbevuti della presenza di santi e demoni,
leniscono la fatica d'un cammino solitario
di cui è scritto che, dopo brevi pause,
debba ricominciare
in un eterno ritorno
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