Una recente gita all'Isola delle Correnti e a Porto Palo di Capo Passero mi hanno spinto a riesumare un mio "vecchio" scritto relativo ad un'esperienza di campeggio (e di corse quotidiane) propria a Isola delle Correnti, un luogo per me magico e carismatico.
Eccomi qui di nuovo a distanza di più di dieci anni, e a oltre trent'anni dalla mia prima visita. Quasi che per apprezzare il mistero e il fascino di un luogo occorresse sobbarcarsi ad una periodicità pluridecennale.
E ho notato che i luoghi sono cambiati ben poco, continuando ad esercitare immutato il loro straordinario fascino.
Io forse sono cambiato, con la consapevolezza di essere ovviamente (l'età anagrafica canta) più vecchio.
L'immutabilità di taluni luoghi e il fatto che siano intrisi di linee di forza e di energia suscita certamente elementi di riflessione sulla propria impermanenza e fragilità, in un'identificazione quasi totale con i granelli di sabbia che rotolano nel vento (o nei frammenti di alghe spiaggiate) e si fermano soltanto poco tempo cristalizzati in transeunti costellazioni, in forme precarie che vengono rapidamente smantellate e riassemblate in un gioco continuo ed estenuante.
L'isola, le correnti che si formano al confluire di due mari, la vicinanza alla terra d'Africa, l'ignoto e l'imponderabile al di là del braccio di mare dai colori cangianti sotto un cielo immenso e il profilo lontano di cargi che navigano verse mete ignote, sono elemento di meraviglia e di stupore: il confronto tra tutto questo e la propria personale impermanenza non può che generare un sentimento intenso di malinconia e di struggimento
(foto di Maurizio Crispi)
All’inizio di un agosto di alcuni anni fa sono stato con mio figlio Francesco in campeggio, in un posto remoto della Sicilia. Nell’affrontare una vacanza così, il mio desiderio era quello di far fare a mio figlio, per alcuni giorni, l‘esperienza del campeggio “stanziale”, ma anche – per me – quello di ritornare in luoghi che non visitavo da più di vent’anni.
Per pura ventura, proprio due giorni prima della partenza, è venuto fuori su “La Repubblica” un servizio su due pagine su Marzameni e sulla zona di Capo Passero, portati alla ribalta dell’attenzione dal fatto che, negli ultimi giorni di Luglio, vi aveva luogo il Festival Internazionale del Cinema di Frontiera, con la proiezione in anteprima di alcuni film di grande interesse: per inciso, proprio Marzamemi, con la sua antica tonnara e la piazzetta selciata con un basolato di pietre e circondata da vetusti edifici, è stata teatro delle riprese di alcuni film, tra cui il più noto è Sud di Salvadores. Il redattore dell’articolo si esprimeva con parole di puro entusiasmo nei confronti di questi luoghi e dava indicazioni di un piccolo camping, non chiassoso, privo di animazione e di altre menate consimili, adatto a chi fosse desideroso di una residenzialità tranquilla e quieta.
È qui che ci siamo diretti. Da Palermo, l’attraversamento della Sicilia per arrivare in questa zona è una cosa lunga: abbiamo compiuto infatti un viaggio di oltre 350 chilometri.
La distanza rimane tuttora uno dei motivi per cui questa parte della Sicilia, pur bellissima e suggestiva, è frequentata da pochi Siciliani, all’infuori degli abitanti delle Province di Ragusa e Siracusa che giocano praticamente in casa.
La bellezza del posto e il suo essere così inusuale, ancora poco contaminato da modelli di vita globalizzanti, ci ha ricompensati della fatica del viaggio.
Il campeggio, inaspettatamente di proprietà di un Toscano legnoso e cotto dal sole che si è trapiantato in Sicilia (rivelando in ciò un trend rispetto a quello usuale), non ha deluso le aspettative: anche se per alcuni, alla ricerca di divertimenti facili e chiassosi, potrebbe apparire quasi austero e spartano, con la mancanza di qualsiasi forma di “animazione” e, purtroppo, dominato da alcune regole restrittive, finalizzate a tenere lontani gli “scrocconi” che, a quanto pare, hanno impazzato nei primi anni della sua ancora breve vita.
Il campeggio, ancora non troppo affollato nella prima settimana di Agosto, era dominato dal silenzio e dai rumori della natura, dalle vibrazioni del vento incessante e dal mugghiare delle onde.
Abbiamo trascorso alcuni giorni con la sensazione di essere quasi in un altro mondo, in una sorta di Finisterre siciliana, una terra alla fine delle terre, un luogo dotato di fascino e magia: uno dei pochi posti, a parte le piccole isole, dove – senza muovere un passo - è sufficiente volgere le spalle e lo sguardo di 180 gradi per osservare sia il sorgere del sole che il tramonto.
Nelle escursioni nei paesi vicini (Porto Palo di Capo Passero, Pachino, Marzameni) siamo rimasti colpiti da questo aspetto “antico”, evidente anche nelle attività commerciali: quasi nessun negozio dove fossero in vendita i soliti oggetti griffati e di artigianato etnico, empori confusi dove erano in vendita in maniera confusa ed affastellata gli oggetti più disparati, combinazioni improbabili di merceria-cartoleria-libreria in un mix di mercanzie disparate e affastellate.
Le poche cartoline reperibili erano autenticamente “antiche”: foto in bianco e nero, sbiadite che mostravano i luoghi di un tempo nella loro solitaria ed essenziale bellezza.
Il nostro campeggio era ubicato proprio in corrispondenza del Capo dell’Isola delle Correnti (che è il punto geografico più a Sud dell’Italia e della Sicilia). Sull’Isola delle Correnti – dal nome indubbiamente romantico ed evocativo – c’è un ampio edificio in parte dirupo e vandalizzato, l’antico Faro della Marina Militare, la cui lanterna - come del resto accade ormai per la gran parte dei Fari Italiani – funziona in modo automatizzato con il timer per cui non c’è più bisogno delle figure romantiche di un tempo che li presidiavano, “i guardiani del faro”.
Qui, al Faro dell’Isola delle Correnti, l’ultimo Guardiano del Faro che lo abbia custodito – secondo ciò che si racconta – si era fatto portare un pianoforte (davanti al quale lo si può immaginare seduto ad esercitarsi nelle notti di tempesta…).
La piccola isola, su cui si erge l’edificio solido e basso del faro, è separata dalla terraferma da uno stretto braccio di mare, dal fondale molto basso, che, anni fa era stato abolito con la costruzione di un molo di pietra percorribile con gli automezzi in modo tale che per andare e venire non fosse più necessaria un’imbarcazione.
Poi, in anni più recenti, i marosi e la natura, assieme alla mancanza di manutenzione, hanno in gran parte distrutto questo manufatto, lasciandone soltanto la parte radicata nella terraferma, che pure ha risentito della violenta azione delle correnti, cosicchè i grossi blocchi di calcestruzzo di cui era fatta sono stati spostati e in parte accavallati gli uni agli altri.
Per visitare il faro, occorre passare questo braccio di mare a guado: a condizione che le onde e il vento non siano troppo forti.
La natura è selvaggia: il sole d’estate picchia ardente, i venti soffiano incessanti, spesso grosse onde si abbattono sulla riva. Ma il capo dell’Isola delle Correnti, avendo due versanti, gode del privilegio di averne quasi sempre uno prospiciente su acque tranquille: quest’ultimo è per il piacere dei bagnanti più sedentari, mentre gli amanti del surf, del windsurf e del più alla moda kite-surf hanno sempre di che divertirsi su quello esposto al vento.
La spiaggia sospinta dai venti pressoché è in continuo movimento e presenterebbe un aspetto continuamente cangiante, se non fossero state predisposte delle palizzate fitte per trattenere la sabbia che, quando soffia il vento, è implacabile ed invadente, tanto da ricoprire immediatamente teli da mare, libri ed altri oggetti, gli stessi bagnanti nel giro di poco tempo.
Subito all’interno della stretta fascia costiera, il territorio prevalentemente pianeggiante con qualche ondulazione è intensamente coltivato con il sistema delle serre, dove si produce soprattutto una varietà di pomodoro ormai rinomato che è il “ciliegino” di Pachino.
Ma Pachino è ben nota anche per la produzione di un vino rosso piuttosto robusto.
Naturalmente ogni giorno mi dedicavo alla mia corsa, anche se il sole picchiava duro sulla mia testa, tanto da indurmi spesso a trasformare la canotta in un improvvisato turbante. Ogni giorno cambiavo percorso: le alternative non mancavano e non c’è mai stato modo di annoiarsi. Ho corso lungo la spiaggia sia in direzione di Siracusa (costa orientale della Sicilia) sia in direzione ovest (verso Capo Formica a circa tre chilometri dal punto del campeggio). Oppure sceglievo di avventurarmi nel fitto intrico di strade provinciali ed interpoderali che si dipanavano attraverso una lunga teoria di serre, dove già cominciavano i lavori per avere tutto pronto, in prossimità dell’inizio della produzione autunnale ed invernale.
Grande solitudine nella mia corsa: lunghi silenzi interrotti soltanto da rare automobili in transito, dal ronzio di una sega elettrica o dal picchiare ritmico di un martello; in tutta la settimana avrò visto meno di dieci podisti locali.
Mi sentivo una specie rara. Un giorno, correndo lungo una polverosa strada interpoderale, mi sono imbattuto in un edificio rustico utilizzato come magazzino e capanno per gli attrezzi. In alto sulla porta, c’era scritto a caratteri cubitali, un po’ sbiaditi dal tempo: “FATEVI I C.ZI VOSTRI!!!”.
Mi sono chiesto se l’anonimo proprietario di questo rustico non avesse espresso con questa perentorio invito e con tanta vigoria l’animo dei luoghi che, in effetti, non fanno nulla per corteggiare e sedurre i visitatori “stranieri” (e già rientrano in tale definizione tutti coloro che vengono dalle altre province siciliane).
Considerando che il podista ruspante risultava una specie davvero rara e di difficile avvistamento, mi sono ritrovato a dedurre che, in questa zona della Sicilia, il podismo amatoriale sia ancora poco praticato: insomma, indubbiamente, non è ancora entrato nel costume della gente. Nel profondo sud della Sicilia e, in genere, dell’Italia meridionale probabilmente vige il pregiudizio che indossare canotta e pantaloncini sia un modo di vestirsi poco “virile”: quindi, soprattutto nei paesi piccoli, molti nemmeno ci si mettono per timore di essere denigrati dai propri compaesani.
Non è un caso che la maratona di Ragusa e quella di Siracusa nella loro ancora breve vita abbiano raccolto ben poche adesioni da parte dei podisti locali.
Mi è piaciuto particolarmente correre da queste parti: oltre ad apprezzare la solitudine, il silenzio, la sensazione di avere la strada tutta per me, correndo mi ritrovavo a fantasticare sul “trekking più lungo del mondo”, che – a quanto sembra – è partito proprio dal Capo dell’Iisola delle Correnti, non molti anni fa.
Il primo giorno di permanenza sono subito andato a visitare l’isola e il faro, assieme a mio figlio. Sull’estrema punta della terraferma, la mia attenzione è stata attratta da un grosso cippo di pietra su cui era fissata una targa di ottone, ossidata dalle intemperie e dalla salsedine.
Con una certa difficoltà ho potuto leggere le frasi che vi erano incise e che ho voluto trascrivere in un taccuino.
Eccole
CLUB ALPINO ITALIANO
SICILIA
ISOLA DELLE CORRENTI
Estremità meridionale "Sentiero d'Italia", il trekking più lungo del mondo. Da questo punto a Trieste, varcando gli Appennini e le Alpi, attraverso le uguali diversità del nostro paese percorrono 5500 chilometri.
A ricordo dei "Cammina Italia 1997" 7 Dicembre 1997
Cippo in Arenaria di Muggia
Dono dell'Associazione XXX Ottobre - CAI Trieste
Provincia Regionale di Siracusa - Azienda Provinciale Turismo -
Comune di Porto Palo di Capo Passero
Di questa esperienza di campeggio, mi sono portato a casa molte cose, tra cui la struggente melanconia del suono di uno strumento musicale, ricavato dal tronco scavato di eucalipto (appartenente alla cultura degli aborigeni d’Australia e, dunque, antichissimo) che alcuni ragazzi catanesi avevano portato con sé, suonandolo sino a notte tarda, a volte con l’accompagnamento di una chitarra. Un suono che entrava direttamente nelle viscere, dolorosamente, e che si intonava con le sirene delle navi che passavano giorno e notte, sulla linea dell’orizzonte, e che facevano sognare di paesi lontani.
Palermo, il 24.8.2005
Davanti all'Isola delle correnti
Spigolature: anche lo scritto che segue è il frutto di un mio vagabondaggio alle interno della cartella documenti di uno dei miei PC. Ogni tanto scritti dimenticati possono così risorgere e ...
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