Ecco che d'un tratto spariscono "turbanti, veli, kippa, talari" e che di tutte queste ostentate identità religiose (altrettante "incarnazioni dell'uomo sandwich") non resta più niente (la ragione, che quando dorme genera mostri, quando è sveglia opera miracoli).
Marc Augè, grande antropologo francese e creatore tra l'altro del concetto di "antropologia del vicino" come strumento di studio del mondo contemporaneo e dei suoi fenomeni, con il libello Le tre parole che cambiarono il mondo (La Sacrée semaine qui changea la face du monde, nella traduzione di Daniela Damiani), publicato da Raffaello Cortina Editore, 2016, ha voluto mettere in scena un racconto futuribile di fantascienza "politica" (o anche fantapolitica), un filone della SF che ha avuto in passato ampio spazio e che consente di estrapolare fenomeni dell'attualità sino alle loro più estreme e aberranti conseguenze o, viceversa, di tentare di trovare soluzioni ai problemi che nel presente affliggono l'Umanità.
Riferendoci ad un'altra opera di Augè, sipotrebbe parlare forse anche di un piccolo esempio di etnofiction.
Augé dall'alto della sua cultura, si può ben permettere un simile divertissement. Che poi divertissement tanto non è, poiché tra le righe vi è molta serietà e ponderazione.
Nell'utilizzare Papa Francesco e le sue dissacranti - inaspettate - parole nel corso della benedizione Urbi et Orbi, nella Pasqua del Signore 2018 (un evento ormai a noi molto vicino), parole che daranno il via ad una serie di sconcertanti eventi che, appunto, cambieranno il mondo radicalmente, egli - in epigrafe - doverosamente porge le scuse per averlo utilizzato come protagonista del suo espediente letterario, chiedendogli di dispensargli la sua "clemente indulgenza". Le parole fatidiche sono "Dio non esiste", che pronunciate da un Papa - come si può ben immaginare - portano con sé straordinari effetti, nel senso di un totale e improvviso abbattimento dei fondamentalismi/fanatismi e dell'inizio di un'era di reale convivenza pacifica tra le Genti.
Ciò che Augé vuol dirci, tuttavia, nel dispiegare il geniale retroscena che si cela dietro le parole pronunciate ex cathedra dal Papa è che, se si potesse in qualche maniera, eliminare l'Irrazionale che alberga nei meccanismi della Mente umana e che sta alla base delle credenze erronee, se potesse trionfare la razionalità, non ci sarebbero più le Religioni e, di conseguenza, i fondamentalismi, pilotati da gente senza scrupoli, non farebbero più presa su nessuno.
Una bella utopia (il ritorno in qualche modo di un'aspirazione illuministica), su cui certamente vale la pena riflettere.
(Risguardo di copertina) Il giorno di Pasqua del 2018, nel tradizionale discorso urbi et orbi, il papa, dopo un lungo silenzio, esclama a gran voce: “Dio non esiste”. Tre parole che gettano nello sconcerto cristiani, ebrei, musulmani, agnostici, atei, e scatenano uno tsunami nel mondo intero.
È l’inizio di una settimana folle, che incendierà il pianeta e farà piazza pulita di ogni sentimento religioso. Ma che cosa ha spinto il sommo pontefice a un intervento così intempestivo? In tempi di massacri nel nome della religione, questa favola contemporanea, visionaria e insolente, che tiene il lettore con il fiato sospeso, lascia trasparire gli accenti di una fede illuministica nella ragione: forse, senza la violenza che a volte il sentimento religioso comporta, la fratellanza tra gli esseri umani non sarebbe più un’utopia.
L'Autore. Antopologo ed etnologo francese, Marc Augé ha rivestito il ruolo di Direttore di ricerca all'ORSTOM (oggi IRD) fino al 1970, quindi "directeur d'études" presso l'EHESS di Parigi, ha compiuto numerose missioni in Africa, in particolare in Costa d'Avorio e in Togo. Dalla metà degli anni Ottanta ha diversificato i suoi campi d'indagine. Ha quindi compiuto diversi viaggi in America Latina.
Partendo da un osservatorio più vicino, in Francia e in particolare Parigi, si dedica ormai da molti anni alla costruzione di una "antropologia dei mondi contemporanei".
La fama in ambito scientifico arriva con le sue ricerche sul campo in Costa d’Avorio e nel Togo concernenti la malattia, la morte e i sistemi religiosi (Le Rivage alladian, 1969; Théorie des pouvoirs et idéologie, 1975; Pouvoirs de vie, pouvoirs de mort, 1977; trad. it. 2003).
Ma la popolarità più ampia è arrivata con l'analisi negli spazi moderni (autogrill, centri commerciali...) basati sull'assenza di storia e identità. Nasce così la sua celeberrima teoria dei 'nonluoghi' (ripresa dalla concettualizzazione di Foucault), espressa in Un ethnologue dans le métro (1985; Un etnologo nel metrò, Elèuthera 1992) e Non-lieux: introduction a une anthropologie de la surmodernité (1992; Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Elèuthera 1993).
Tra le sue altre opere ricordiamo Le temps en ruines (2003; trad. it. Rovine e macerie. Il senso del tempo, 2004 Bollati Boringhieri), La mere d’Arthur (2005; La madre di Arthur, Bollati Boringhieri 2005), L'anthropologie (2004, L'antropologia del mondo contemporaneo, Elèuthera 2006).
Nel saggio Le métro revisité (2008; Il metro rivisitato, Raffaello Cortina 2009) torna a interrogarsi su questo luogo per eccellenza dello spazio pubblico dove circolano opinioni, povertà, musica e sogni.
Ricordiamo ancora l'autobiografia intellettuale La vie en double (2010, Straniero a me stesso. Tutte le mie vite di etnologo, Bollati Boringhieri 2011) e un altro saggio che narra alcuni aspetti molto personali dell'autore accanto alla riflessione generale sul tema: Le temps sans âge (2014; Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste, Raffaello Cortina editore 2014). Tra le altre sue pubblicazioni ricordiamo: I giardini del Lussemburgo (2015), Il dio oggetto (2016) La guerra dei sogni. Esercizi di etno-fiction (2016) e il saggio Momenti di felicità (2017).
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