Una panchina viene proclamata, a chiare lettere blu, come "proprietà privata"...
Ma chi sarà colui che ne rivendica la proprietà a chiare lettere blu?
A meno che non sia la panchina stessa a rivendicare la proprietà di se stessa, affermando così con forza la propria mission che è quella di accogliere su di sè chiunque voglia sedercisi...
Un giorno, due - dopo aver a lungo vagabondato lungo i viali della villa, all'alba deserti - hanno scelto proprio quella "panchina privata" per sedercisi. Sembravano dei viaggiatori, piuttosto che degli abitanti della posto: entrambi portavano sulle spalle un piccolo zaino e, anche se ciò potrebbe non significare nulla, sì, avevano un aspetto da stranieri. Una coppia.
Molto meticolosamente hanno sistemato sulla panca di pietra un asciugamo ripiegato con il quale hanno parzialmente ricoperto la scritta e, e quindi, si sono seduti comodi, con gli zaini ai loro piedi, ma vicini stretti, esprimendo in ciò confortevolezza come due piselli nella culla avvolgente del loro baccello. Si sono seduti volgendo le spalle al sole che lanciava sugli alberi e gli arbusti e sull'erbetta verde i suoi primi raggi obliqui. Dopo aver rovistato nei rispettivi zaini, hanno tirato fuori dei libricini (misteriosi ed alchemici, mi verrebbe da dire) e hanno cominciato a leggere assorti, tenendosi sempre accosti, ma nello stesso separati nel silenzio della lettura.
Li ho lasciati, così, assorti in quella lettura condivisa.
E ho proseguito il mio cammino, come sempre calato nell'identità di passer-by che avvista e osserva, ma che poi si lascia alle spalle cose, eventi e relazioni perchè il mondo deve continuare a svolgersi sotto i suoi piedi.
Ma l'immagine dei due seduti su quella panchina a leggere tranquilli gomito a gomito è tornata a visitarmi più volte.
Perchè hanno scelto proprio quella panchina "privata" - mi sono chiesto?
Ma forse, proprio per via della scritta: in fondo, non abbiamo considerato una terza ipotesi a proprosito delle funzioni della panchina: se la panchina è un luogo pubblico, adibito alla sosta e alla condivisione, è nello stesso tempo uno spazio privato, in cui chi ci si siede si colloca in una dimensione atemporale - del tutto sua - dalla quale può osservare ciò che accade al mondo che fugge in avanti - o che resta indietro - e privato, una sua (o loro) bolla privata in cui si può fare tutto ciò che ci piace o semplicemente stare senza fare, solo andando verso se stessi.
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