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25 luglio 2017 2 25 /07 /luglio /2017 11:15
Stefano Malatesta, L'Upmo dalla Voce Tonante. Storie dall'America del Sud, Neri Pozza, 2014

Sono un accanito lettore dei libri di Stefano Malatesta. Non me ne perdo uno: appena sui banchi del mio libraio ne vedo uno nuovo, mi ci tutto a capofitto.
So che non resterò mai deluso, sia dal punto di vista della sorpresa e della scoperta del Novum, sia dal punto di visto dello stimolo intellettuale sia, infine, per la possibilità di immergermi in una prosa diaristica che per me è divenuta consuetudinaria.
I suoi libri sono in genere frutto della rivisitazione "ragionata" dei suoi articoli già pubblicati, articolo da "terza pagina", anche se la terza pagina dei quotidiani non esiste più da tempo...
Quindi, Malatesta, più che nei suoi articoli, lo leggo nei libri: e nei libri gli articoli, in maniera più palese e grazie anche alla disposizione tematica dei capitoli si possono apprezzare come un tutto unico, una grande tela che ancora Malatesta non ha finito di affrescare, frutto dei suoi viaggi e dei suoi incontri molteplici e memorabili, con gente comune e con uomini di cultura.
Il volume L'uomo dalla Voce Tonante. Storie dell'America del Sud (Neri Pozza, 2014) è tutto dedicato all'America Latina, da Cuba alla Terra del Fuoco, dalla costa del pacifico e quela atlantica.
Il volume è suddiviso in tre parti, precedute da una breve prefazione dello stesso autore che ci racconta delle radici del suo interesse per i paesi dell'America Latina, a partire dal golpe di Pinochet, un viaggio in cui fu accompagnato da Saverio Tutino, allora corrispondente de L'Unità per l'America Latina. Le tre parti sono rispettivamente: "Il mondo australe e la Terra del Fuoco", in cui - passo dopo passo - Stefano Malatesta racconta alcuni dei passaggi di Bruce Chatwin alla scoperta della Patagonia, ma compie anche delle peregrinazioni assolutamente originali ed inedite; "Due artisti e nove scrittori" in cui parla di scrittori ed artisti che hanno prodotto delle opere memorabili per la comprensione dell'America Latina; e, infine, "Viaggi e Scoperte", in cui egli esamina testi e narrative di viaggio fondamentali per la comprensione dell'America del Sud.
Il bello dei libri di Malatesta è che introducono il lettore a molteplici riferimenti letterari e, quindi, lo inducono ad un confronto continuo con conoscenze letterarie - e non già - acquisite, oppure alla scoperta di cose nuove e dunque anche alla voglia di approfondimento.
Qualcuno potrebbe forse rimproverare a Malatesta un certo sussieguo che deriva dal fatto di essere egli uno che ha molto viaggiato e che ha incontrato tante persone importanti e di sottolineare di continuo (implicitamente) di essere un Viaggiatore: ma questo piccolo vezzo glielo si perdona volentieri, poichè in tutta la sua produzione lettraria egli non cessa mai di meravigliare i suoi lettori, appassionandoli all'incontro continuamente mutevole con l'Altro e alla conoscenza di luoghi di cui ci fornisce una veduta insolita o decisamente arricchita da vertici di osservazioni inediti.
E' bello imbattersi attraverso la lettura dei suoi articoli in citazioni letterarie di libri già conosciuti, ma anche trarne suggestioni per nuove letture e nuove esplorazioni.Malatesta possiede indubbiamente la magia di far compiere al suo lettore fedele straordinari viaggi nel tempo e nello spazio,
Dove collocare i libri di Malatesta, nella propria biblioteca personale? Essi sono sicuramente a cavallo tra la Narrativa di viaggio e l'Avventura, generi che - in definitiva - coincidono, anche se la seconda sviluppa dei temi fiction, per quanto fondati su fatti e luoghi reali. E, d'altra parte, molti dei titoli di questi volumi, come nel caso di questo, "L'Uomo dalla Voce Tonante" (pensiamo ad esempio al salgariano "La Crociera della Tuonante") o "Il Napoletano che domò gli Afgani" rivelano una forte - e nemmeno tanto implicita - impronta salgariana, o anche altri titoli che, apparentemente meno esotici e più nostrani, ciò nonostante evocano luoghi altri e frontiere lontane, come "La Pescatrice del Platani" oppure "Il cane che andava per mare...".

(dal risguardo di copertina) Uno scrittore cileno dell’Ottocento ha detto una volta che gli europei in visita nell’America del Sud parlano sempre di vulcani, selve amazzoniche, tempeste di Capo Horn, poiché non possono fare a meno di celebrarne la natura selvaggia. Anche Malatesta parla della natura del continente australe, ma i veri protagonisti di questo libro sono gli indios della Terra del Fuoco considerati da Darwin l’anello mancante tra la scimmia e l’uomo, mentre avevano un vocabolario con oltre cinquanta parole per dire “mangiare il pesce”; megalomani come Popper che, proclamatosi re e imperatore della Terra del Fuoco, batteva moneta d’oro con la sua effige; sindacalisti contadini che, come Facon Grande, lavoravano nelle grandi aziende della Patagonia e venivano passati per le armi dai militari argentini; scrittori come Francisco Coloane, grande cantore del mondo australe con i suoi personaggi: cercatori d’oro, allevatori di cavalli, briganti che danno la caccia agli indios per incassare la taglia messa sul loro capo.
Malatesta è stato ovunque, con tutti i mezzi possibili e anche impossibili. Ma questo non è un libro semplicemente deambulatorio. I racconti che lo compongono cominciano sempre con un viaggio ma finiscono altrove: nella storia, nella geografia, nell’antropologia, nella letteratura.
Il risultato è un corpus romanzesco estremamente compatto sotto l’apparente divisione dei capitoli. Un romanzo dell’America latina che si muove secondo una direzione sudnord, da Capo Horn fino al Messico, alternando momenti drammatici – quali i funerali di Pablo Neruda – e altri improntati alla Luxe, calme et volupté, per dirla con Matisse, come le ore trascorse in un bar all’Avana, a fumare interminabili cohiba, a bere innumerevoli daiquiri e a contemplare la mirada fuerte dei cubani nei confronti delle loro giovani donne, puntualmente accompagnata dai piropos, quei complimenti barocchi e ironici che piacciono tanto alle ragazze dell’Avana.
L’Avana, coi suoi pittori surrealisti e i suoi grandi scrittori; Buenos Aires, più europea delle città europee; la Tierra del Fuego, coi suoi ghiacciai che s’insinuano nelle foreste e, in fondo, il mare tempestoso di Cabo de Hornos dove si incontrano l’Atlantico e il Pacifico: i luoghi magici dell’America del Sud narrati da un grande scrittore di viaggio.

Pareri espressi.
«Malatesta sa raccontare con fascinazione sempre divertita e maliziosa» (Panorama)
«Stefano Malatesta scava con la mente nel tempo, e lì ritrova la generosità di pensare e di esprimersi» (L’Espresso)

L'Autore. Stefano Malatesta è nato a Roma dove si è laureato in Scienze Politiche. Ha cominciato a viaggiare molto presto e da allora non ha mai smesso. È stato vice-amministratore di una piantagione di tè alle Seychelles quando queste isole erano una colonia inglese, documentarista di animali, cronista di nera, inviato di guerra.
Per la Repubblica scrive da oltre venticinque anni critiche d’arte, recensioni di libri e commenti e soprattutto racconti di viaggio sempre sulle tracce di qualcosa o di qualcuno, riprendendo una certa tradizione del "recit de voyage" quasi scomparsa nei giornali italiani e oggi fin troppo praticata. Oltre alle prime guide alla natura in Italia, ha scritto L’armata Caltagirone, Il cammello battriano, Il cane che andava per mare e altri eccentrici siciliani, Il grande mare di sabbia, Il napoletano che domò gli afghani.
Dirige la collana di letteratura di viaggio «Il cammello battriano» per la casa editrice Neri Pozza; ultimo della lista, pubblicato a giugno 2017 sempre nelle edizioni Neri Pozza, si intitola "La vanità della cavalleria e altre storie di guerra".
Ha vinto numerosi premi letterari come il Premio Albatros Palestrina, L’Este-Ferrara, il Comisso, il Settembrini Regione Veneta, il Premio Barzini per il miglior inviato speciale dell’anno e il Chatwin.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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