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29 maggio 2017 1 29 /05 /maggio /2017 08:34

Sicilian Ghost Story, locandina"Sicilian Ghost Story" (per la regia di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza), presentato al Festival di Cannes 2017, è  un film liberamente ispirato al racconto di Marco Marcassola, "Un Cavaliere Bianco", contenuto in una raccolta di brevi racconti tutti costruiti attorno a fatti di cronaca dal titolo "Non saremo confusi per sempre" (Einaudi, Coralli, 2011).
Sia il racconto sia il film scaturiscono dalla vicenda del sequestro dell'ancora undicenne Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia, che dopo oltre 700 giorni (779, per la precisione) di cattività venne strangolato e sciolto nell'acido: un'azione atroce che ruppe un confine che sino a quel momento le cosche mafiose non avevano mai travalicato e che ebbe delle ripercussioni, nel senso di rompere degli equilibri e indurre altri alla confessione.
Il film che, come il racconto di Marcassola, ha voluto porsi come un tributo alla sua memoria, riesce a raccontare la vicenda su di un crinale in cui la dimensione onirica e fiabesca si confonde con il reale e con la terribile crudezza degli eventi, avendo come filo rosso conduttore e metronomo della narrazione una delicata storia d'amore che trasfigura il crudo e violento fatto di cronaca, riscattandone l'intrinseca e indicibile violenza e fornendo una via di uscita dalla cupa prigione del suo esercizio.
E' un film che lascia il segno, che - credo - possa essere anche un'efficace strumento di insegnamento per le giovani generazioni.
Il film - come del resto il racconto di Mancassola - rappresenta una sublimazione ed una trasfigurazione del semplice fatto di cronaca: non è rilevante aver in mente "quel" fatto per avere una piena fruizione di esso; anzi, al fatto di cronaca è bene non pensarci affatto in prima battuta. A ricordarcela sarà la dedica finale che comparirà al termine della pellicola.
L'effetto sublimazione i registi sono riusciti a realizzarlo, sia attraverso la trasposizione della vicenda in luoghi "altri", rispetto a quelli in cui ebbero luogo i fatti. E così la scelta di location - a mio avviso etnee - e le scene che hanno luogo nel cuore del bosco fitto di alberi svettanti e di esemplari vestusti hanno sullo spettatore un effetto straniante: il bosco che è, d'altronde, la culla di molte fiabe in cui hanno luogo incontri perturbanti con animali antropomorfizzari oppure fortemente simbolici, come è ad esempio l'incontro con il cane mordace proprio all'inizio del film o la comparsa ominosa della civetta in momenti topici, come frutto delle visioni di Silvia oppure come espressione di una sua concreta percezione.
Per lo spettatore, spesso, rimane tutto indecidibile se ciò che vede sia realtà, sogno o fiaba.
Anche se poi, ovviamente, dovrà ricredersi, pur rimanendo propenso il metalivello cognitivo lungo il quale tutta la narrazione  lo ha condotto a giocare, immergendosi anche lui in quel sogno che a tratti diventa incubo (come ad esempio l'indugiare su alcuni momenti della lunga prigionia).
Il racconto di Marcassola ha una struttura narrativa lievemente diversa, poichè se, da un lato, racconta le tappe della straziante agonia di Giuseppe e della vile azione della cosca che lo ha imprigionato, dall'altro, si sofferma - attraverso la storia di Silvia dilatata in più di otto anni su di un faticoso e sofferto processo di elaborazione del lutto, attraverso la creazione di un personaggio fantastico - "il cavaliere pallido, appunto - con attitudini supereroiche (e dunque consolatorie e salvifiche).
Per quanto riguarda un approfondimento dell'evento "storico", rappresenta una lettura irrinunciabile il libro che contiene le memorie del pentito di mafia Giuseppe Monticciolo (il "tedesco", fidato esecutore degli ordini di Giovanni Brussca) che racconta (con la revisione del testo operata dal giornalista Vincenzo Vitale) la storia di Giuseppe Di Matteo e i suoi retroscena (Giuseppe Monticciolo con Vincenzo Vasile, Era il figlio di un pentito, Bompiani Overlook, 2007), con una prefazione di Vasile che è una vera e propria "guida alla lettura".
Film, racconto letterario in parte fiction e testimonianza sono tutti egualmente fruibili, ma guardati assieme conferiscono spessore e profondità all'orribile fatto di cronaca. Tracce della testimonianza di Monticciolo, peraltro, si rinvengono come elementi di un mosaico o di un puzzle nel film e nel racconto letterario, con il collante dell'elemento immaginifico e poetico. In entrambi, racconto e film, vi è viva e vibrante la speranza e la ferma convinzione che l'amore puro ed incrollabile possa riscattare tutto l'orrore e le ferocia di cui alcuni uomini che hanno perso tutta la propia umanità, spinti dalla brama di potere e di controllo,possono essere capaci.

Marco Marcassola, Non saremo confusi per sempre, Einaudi I Coralli, 2011Marco Marcassola, Non saremo confusi per sempre, Einaudi (I Coralli), 2011

(dal risguardo di copertina) Nella luce di una primavera argentata, nella baia di un'isola, sbarca un regista inquieto e ossessionato dallo sparo che risuonò, sulla stessa spiaggia, in una notte lontana del 1978. E l'inizio di un intreccio che lega casi di cronaca famosi - che hanno traumatizzato e commosso la nostra coscienza e che il lettore non stenterà a riconoscere - a vicende insospettate e meravigliose. Più a nord, in una pianura immersa nell'inverno, una indimenticabile sedicenne si specchia teneramente nel destino di una donna in coma. Il piccolo caduto in un pozzo, quello per cui un intero paese di madri, padri, bambini rimane col fiato sospeso, inizia un viaggio alla scoperta di un regno sotterraneo. E ancora, il ragazzino al centro di un terrificante caso di mafia e il diciottenne vittima di un pestaggio della polizia vedono la propria storia aprirsi su scenari straordinari, che illuminano di nuova luce i fatti. In un tempo come il nostro, pare difficile superare la cronaca, la crudeltà degli eventi, venire a capo del nodo in gola e della cicatrice che certe vicende hanno lasciato.

Giuseppe Monticciolo con Vincenzo Vasile, Era il figlio di un pentito, Bompiani Overlook, 2007

(dal risguardo di copertina) Giuseppe Monticciolo, il braccio destro di Giovanni Brusca, figura eminente del clan dei Corleonesi, si racconta, dai primi passi nel paese per diventare qualcuno - lui piccolo muratore che il dna familiare spinge subito a cercare protezione nell'ambiente "giusto" - al battesimo di fuoco come killer agli ordini di Brusca, fino alla specializzazione nella costruzione di bunker e nascondigli per capi e prigionieri. Soprattutto, la storia del rapimento di Giuseppe di Matteo, tredicenne figlio di un pentito le cui rivelazioni costarono a Brusca la prima condanna all'ergastolo, della sua brutale detenzione, dello strangolamento e della dissoluzione del corpo nell'acido per far sparire ogni tracca dell'efferato delitto. La vicenda, degna di un film di Scorsese, "turba" Monticciolo che, pensando al ragazzo chiuso nel bagagliaio, avverte un moto di pietà e la tentazione di fare qualcosa, ma ne è impedito dalla certezza di quello che accadrebbe non solo a lui ma a tutta la sua famiglia se sgarrasse. E del resto, quell'azione disumana, culmine di una serie di altri delitti spietati, segnò l'inizio della fine per un'intera generazione di mafiosi, i sanguinari corleonesi: uno dopo l'altro finiscono in galera Riina, Bagarella e Brusca, uomini-simbolo di una stagione segnata dalla violenza.

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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