(Sarajevo, 1997, in occasione di una trasferta sportiva "per la pace" - Foto di Maurizio Crispi)
Un viaggio surreale in una periferia urbana dove si sta svolgendo un evento podistico.
Potrebbe trattarsi anche di un’immensa area adibita raffineria e ad attività petrolchimiche.
Sono sovrastato da enormi tralicci metallici, da ponteggi svettanti, da passerelle di lamierino che passano da una struttura all’altra, e da ciminiere alte e fumiganti.
Ma potrebbe anche essere la versione moderna di una prigione di Piranesi.
Ci sono anche - confuse in questo magma di ruggine e acciaio - delle modeste case di abitazione, muri di mattoni sbrecciati, comignoli, tetti sbilenchi rivestiti di eternit ondulato e, in alcuni casi, di tegole riciclate.
Mi muovo di continuo alla ricerca dell’inquadratura migliore per scattare delle foto.
Sono in attesa del passaggio dei runner: la loro strada non è agevole, costellata com’é di enormi chiazze di morchia nero-grigia e di distese di acqua di condensa, ampie come piccoli laghi e di detriti di ogni genere.
Nel frattempo, la mia attenzione è sollecitata da una specifica inquadratura, l’angolo di un tetto di coppi, sovrastato da un camino svettante e sullo sfondo crudeli tralicci di acciaio.
Ma non mi riesce di scattare la foto, prima perché non riesco a mettere a fuoco, poi perché si interpongono tra me e il mio soggetto, automezzi in transito e passanti.
Infine, arriva Uno in moto carico di attrezzature fotografiche e mi si ferma proprio davanti, occludendo il mio campo di ripresa.
Quando si accorge che sto per fotografare e che con la sua presenza mi disturba, scende dal suo motociclo e viene a sedersi accanto a me, su di un muretto di cemento polveroso da dove io, acquattato, cercavo di ottenere una migliore inquadratura dal basso.
Parliamo.
Gli chiedo se è un fotografo: “No”, mi risponde.
Gli chiedo come si chiami: “Simon Negro”, replica.
“Quanti anni hai?”
“Sono vecchio. Più vecchio di quanto tu possa pensare...”, mi dice con una risata, per quanto tuttavia egli abbia un’aspetto decisamente giovanile.
“Dai, dimmi quanti anni hai” - lo blandisco - “Se me lo dici di farò vedere, numeri alla mano, che rispetto a me sei veramente giovane”.
E lui ride di nuovo di buon gusto.
Nulla più.