(Maurizio Crispi) Senza ragione apparente (Le indagini di Giorgia Cantini) di Grazia Verasani è comparso nelle librerie relativamente di recente, pubblicato per i tipi di Feltrinelli (collana Narratori), 2015.
Già in passato, mi sono ritrovato a leggere la maggior parte dei romanzi di Grazia Verasani: uno ha tirato l'altro, come le ciliegie. E non appena ho adocchiato in libreria questo nuovo romanzo, l'ho fatto mio, l'ho letto in quattro e quattr'otto, l'ho - per così dire - affondato e archiviato (ma non per dimenticarlo, bensì per ricordarlo e per rifletterci su, perchè è uno di quei polizieschi che lasciano nel lettore una traccia e che offrono uno sguardo su dimensioni inedite della realtà contemporanea).
Non mi ha deluso. I romanzi di Grazia Verasani mi sono sempre piaciuti, anche perché rappresentano un piacevole intermezzo (esistenziale e pensoso, ma anche ricco di sentimenti) rispetto a più corposi thriller, nel confronto con i quali sono indubbiamente una pausa (o anche un'alternativa) di qualità.
Nel mio caso, tanto per citare alcune delle letture in corso, l'ho incastrato tra un romanzo di Donato Carrisi e una delle ultime fatiche di Stephen King, Finders Keepers, che sto leggendo in lingua originale, per non parlare della storia vampiresco-virale, The Strain, scrittsa da Guillermo Del Toro e da Chuck Hogan.
Giorgia Cantini è un'investigatrice privata che opera a Bologna, fondamentalmente introversa e attenta ai sentimenti e tendente ad applicare un'indagine "introspettiva" nei casi che le vengono affidati. In fondo, agisce nello stesso modo in cui opera uno psicoterapeuta che, prima di indagare sulle vite degli altri, deve avere esaminato impietosamente la propria vita segreta, mettendone in luce nodi irrisolti e conflitti e/o essere stato toccato da grandi tragedie della vita.
A rompere la monotonia di indagini su tradimenti coniugali per i quali la sua opera è prevalentemente richiesta, Giorgia Cantini viene interpellata per indagare sul suicidio di uno studente di liceo, suicidio avvenuto a scuola per defenestrazione: è la madre stessa a chiedere queste indagini, poiché il presunto suicidio presenta delle caratteristiche insolite rispetto al carattere del figlio e all'assenza di motivazioni e di condizioni psicopatologiche evidenziate nei giorni precedenti. Non vi è in sostanza "alcuna ragione apparente" che possa avere rappresentato la causa del suicidio.
D'altra parte, occorre precisare che, se il suicidio compiuto dagli adulti, può essere compreso nelle sue motivazioni ed esaminato con relativo distacco, quello di un adolescente che "leva la mano su di sé" provoca sempre intense reazioni emozionali e, il più delle volte, a meno che non avvenga in certi contesti culturali (come il Giappone) che siano fondati sul sentimento della vergogna piuttosto che su quello della colpa, genera reazione di incredulità e di imbarazzo. E, soprattutto, è destabilizzante per gli adulti che ne sono testimoni, perchè in qualche misura esprime un atto di accusa su di un loro fallimento nel loro ruolo di padri e di educatori. Il suicidio di un adolescente colpisce al cuore, istituzione come quella della famiglia e della scuola.
Giorgia Cantini intraprende le sue indagini, in un momento in cui la sua vita è turbata, ma anche resa più interessante e più ricca emozionalmente dall'aver lei iniziato una relazione affettiva con un commissario di Polizia che si è addirittura trasferito a vivere con lei, rompendo con la moglie: e, anche per questo, Giorgia vive un momento speciale tra euforia e pensose incertezze.
Un nuovo suicidio - anche questa "senza ragione apparente" - si verifica, sempre tra gli studenti della stessa scuola, e il ragazzo che leva la mano su di sé fa parte dello stesso piccolo entourage di amici.
Le indagini si approfondiscono e si infittiscono gli interrogatori e i colloqui con tutti coloro che potrebbero essere informati i fatti.
Alla fine, intrecciando insieme frammenti di verità ed intuizioni felici, verrà fuori un affresco inquietante e l'identificazione dei responsabili, quanto meno morali, dei due suicidi, mentre viene portato alla luce un evento impensabile di drammatica crudeltà.
Giorgia Cantini, scalcinata detective privata, profondamente esistenzialista, ha tuttavia una capacità profonda di penetrare nella psicologia delle persone, mettendone a nudo le dinamiche interiori, ma questa capacità dipende dal fatto che lei stessa è sempre intenta ad analizzarsi a puntare un occhio sulle sue dinamiche interiori: e forse, proprio per questo, è capace di entrare in sintonia empatica con le molteplici comparse di drammi nascosti.
Bello, come gli altri precedenti romanzi di Grazia Verasani: e si legge in un battibaleno senza pesantezze di sorta, godendo di una scrittura che è alo stesso tempo leggera e profonda, efficace e mordente e che offre allo stesso tempo un piccolo prezioso documento sociologico sui giovani contemporanei, sottoposti allo stress di famiglie sempre più instabili, a pressioni che li porterebbero ed essere cinici e sprezzanti, ma nello stesso tempo sempre intenti nell'inesausta ricerca del contatto vivificante dei sentimenti e del potere vivificante dell'amore.
Particolarmente azzeccata a questo riguardo è la grafica di copertina.
(Risguardo di copertina) Autunno. Sullo sfondo di una Bologna umida e grigia, Giorgia Cantini lavora al suo nuovo caso. Emilio, studente diciassettenne in un liceo della città, si è suicidato senza ragione apparente, lasciando solo un laconico messaggio: "Sono stanco". A otto mesi dal fatto, la madre di Emilio è decisa a trovare i responsabili morali. Giorgia si immerge così in un universo adolescenziale di serate passate ad ascoltare musica hip hop, fumare canne e chattare, con i primi amori che nascono e l'ansia del futuro. Ed è una stagione decisamente malinconica quella in cui Giorgia si dibatte, perché ci sarà un secondo suicidio sospetto e l'incubo di una notte in cui forse è accaduto qualcosa di irreparabile. Senza contare la confusione degli adulti, il crollo delle facciate dietro cui si nascondevano, la finzione in cui sono calati e di cui i figli sono le vittime predestinate. In uno scenario di precarietà di valori e sentimenti, e in una Bologna specchio di un paese sempre più in crisi, si muove Giorgia. Vicino a lei, la sua surreale assistente Genzianella e il capo della Omicidi Luca Bruni, con il quale convive da pochi mesi, anche se il loro rapporto è ancora un'incognita. E Mattia, il figlio sedicenne di Bruni, che aiuterà Giorgia a capire qualcosa in più di una generazione costretta a muoversi in un mondo sempre più ambiguo, dove le apparenze non sono più salvabili e il senso delle cose è sempre più indecifrabile.
Grazia Verasani (Bologna, 1964) ha esordito giovanissima con alcuni racconti apparsi su “il Manifesto”. Ha pubblicato "L’amore è un bar sempre aperto", "Fuck me mon amour" e "Tracce del tuo passaggio" (Fernandel, 1999, 2001 e 2002); "From Medea" (Sironi, 2004); "Quo vadis, baby?" (Mondadori, 2004; Feltrinelli, 2014), da cui Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo, "Velocemente da nessuna parte" (Mondadori, 2005; Feltrinelli, 2009) e "Vuoto d’aria" (Transeuropa, 2010). Con Feltrinelli ha pubblicato anche "Tutto il freddo che ho preso" (2008), "Cosa sai della notte" (2012) e "Di tutti e di nessuno" (2012).
Grazia Verasani - eclettico personaggio - si diletta anche di musica e ha inciso due album.
Hanno detto (quarta di copertina)
“L’investigatrice Giorgia Cantini è un personaggio così riuscito da entrare nell'album di famiglia. Una di noi, verrebbe da dire.” (la Repubblica)
“Atmosfere à la Chandler, in una Bologna rock. Un noir teso e ricco di riferimenti.” (Rolling Stone, France)
“Nei noir di Grazia Verasani il passato ha una voce sommessa che pian piano finisce per urlare. Le sue storie si leggono tutto d’un fiato.” (IO Donna)
"Pura finzione, tristemente attualissima" (Emanuela Giampaoli, la Repubblica- Bologna)
"La malinconica investigatrice privata ritorna sullo sfondo di una grigia Bologna autunnale" (Il Corriere della Sera - Bologna)
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