L’altro giorno, mentre camminavo lungo un marciapiedi vicino casa in un tratto fiancheggiato da molti negozi, ho visto ad una ventina di metri da me, uno - anzianotto - fare all'improvviso uno strano movimento sghembo, seguito da un passetto laterale, a causa del quale pareva che dovesse capitombolare a terra, ma il tizio - all'ultimo momento - s’è ripreso, ritornando padrone d’un traballante e precario equilibrio.
Ho pensato che avesse inciampato in un’asperità del terreno. Sopraggiungendo, tuttavia, ho dovuto constatare che era scivolato sulla classica buccia di banana. Solo che la buccia di banana, nella fattispecie, era una bella merda di cane, molliccia e sfatta, di quelle peggiori in simili frangenti, perché se ci metti il piede di sopra, specie se calzi scarpe con la suola liscia (di cuoio e quant’altro) tendi immediatamente a scivolare, come se sul terreno ci fossero olio o sapone.
Il signore, di suo mingherlino e alquanto instabile sulle gambe, si è fermato, imprecando contro i famigerati padroni di cani che lasciano che i loro amici a quattro zampe defechino in libertà sui marciapiedi, senza curarsi di rimuovere il malfatto.
Sono stato ben contento che con me non ci fosse il mio cagnolone Frida, perché immediatamente avrebbe rivolto la sua ira contro di me, vittima del tutto innocente, dal momento che io sono costantemente intento a togliere via le tracce delle diuturne cacate del mio cane.
Quindi, ritrovandomi a camminare da padrone di cane in incognito, non ho potuto non rallegrarmi, mentre il malcapitato passava dalle imprecazioni (che rimanevano in sottofondo come cupo brontolio) ai tentativi di rimuovere lo sterco molliccio e nauseabondo dalla sua calzatura.
Mi è venuto spontaneo pensare con sommo divertimento alla famosa canzone di Elio e le Storie Tese che tratta appunto di questo imbarazzante e disgustoso tema e e, giusto superando il “pulitore” ho ridacchiato e intanto solo con il movimento delle labbra ho detto “Merda di Cane”. E forse quello mi ha letto il labiale e mi ha scoccato un’occhiataccia, probabilmente augurandosi in cuor suo che un’intera vagonata di cacca di cane mi si abbattesse sulla testa: per una sorta di meritato contrappasso, una nemesi fortemente desiderata per superare la frustrazione dell’onta subita.
Io non ci posso fare niente: trovo che certe cose siano intrinsecamente comiche. Ricordo una scena simile al tempo in cui ero piccolo.
Avevo accompagnato papà e mamma in un vecchio magazzino fatiscente per scegliere dei mobili antichi di cui allora a Palermo vi era un fiorente mercato.
Il capannone era infestato da gatti e si sentiva molto forte l’odore dolciastro del loro piscio. Mio padre sfortunatamente (nella semioscurità era difficile vedere dove si mettevano i piedi) posò una scarpa sulle gattesche deiezioni (particolarmente abbondanti data l’incuria del luogo), imbrattandosela tutta.
Allora il venditore, imbarazzato e molto servile, disse: “Non si preoccupi, ci penso io, dottore!”.
Scomparve nei misteriosi ed oscuri meandri del suo magazzino e, dopo un po’ comparve con una vecchia scopa, lercia come non mai, e con quella si mise a spazzolare la disastrata calzatura di mio padre, rimuovendo il grosso della merda, ma spalmando il resto, cioè la parte più molla e appiccicaticcia, con grande disgusto ed irritazione di mio padre, la cui dignità offesa gridava vendetta. Noi che conoscevamo bene la sua permalosità (tipica delle sue radici Crispi-Orestano), leggevamo preoccupati nel suo volto i segni d’una incipiente manifestazione di ira, anche se poi lo scoppio temuto non si verifico e prevalse il buon senso anche se non il senso dello humour).
Ancora a distanza di tempo, in famiglia, noi rievocavamo spesso quest’episodio (che era divenuto parte di quel bagaglio delle nostre classiche “storie del focolare”) e sempre ci facevamo quattro risate, ma mio padre - se presente - immancabilmente si offendeva e, a volte, lasciava la nostra compagnia per ritirarsi adombrato e adirato nel suo studio, mentre noi continuavamo imperterriti a sghignazzare. E anche l’allontanarsi di papà e la sua incapacità di sorridere dell’accaduto,guardandolo con quel distacco che solo l’ironia può consentire, insomma, erano parte del divertimento.
Intramontabile pezzo di Elio e le Storie Tese, "Cani e Padroni di cani".
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