Il sole del primo meriggio
batte impietoso
sulle vie d'asfalto
sui piazzali polverosi,
sui giardini entropici,
tendenti alla desertificazione,
panchine divelte,
fontane prosciugate,
monnezza sparsa ad arte
Con le raffiche del vento caldo che soffia dal Sud
nuvole di sabbia finissima si levano
turbinando dalle aree salute,
sommerse da una rigogliosa vegetazione selvaggia
Solo pochi resilienti si affannano ad esercitarsi
sotto il sole rovente,
incuranti di caldo e polvere
Non una panchina attorno.
Ci si può sedere soltanto nella polvere,
tra formiche e scarafaggi
nell'ombra esile di alberi stenti
Le strade della città
sono scenari di desolazioni,
negozi chiusi e sprangati
insegne cadenti
spazi vuoti con i segni d'un frettoloso abbandono,
quasi avesse avuto inizio una migrazione
Ma le gelaterie sono traboccanti di clienti,
alla ricerca di un dolce conforto,
e così pure i negozi di intimo
Loro sì, fanno affari senza deflessioni
Camminare per le vie della città
fa germogliare nel cuore un sottile filo di malinconia
che presto si tramuta in nube malevola
che oscura tutto il resto
La gente butta via i libri o li brucia.
se ce li ha,
oppure non li compra,
non sa più cosa farsene,
forse non l'ha mai saputo
Lo spettacolo dell'ignoranza,
dell'insensibilità,
della mancanza di cultura
fa il resto
Viene voglia di rifugiarsi
nella mancanza di consapevolezza
della vita animale di basso livello evolutivo
o, ancor di più, di quella minerale
Farsi topo, scravagghiu, pietra
per non dover temere alcun male
E poi ci si trascina stancamente,
come ogni volta,
sino a casa,
dove un libro attende i pochi lettori sopravvissuti,
per praticare una moderna - e rassicurante - clausura
libro e divano
libro e poltrona
libro e letto
e, poi, dormire
dormire
dormire
alla ricerca dell'oblio
Ma il giorno dopo,
molto prima dell'alba,
si ricomincia a zampettare,
come criceti nella ruota