(Elena Cifali) Troppo vuote le mani senza un libro, troppo leggera la borsa, troppo futili i pensieri che sembrano precipitare nel vortice delle cose inutili.
Sono in viaggio a Firenze e ho terminato di leggere l'ultimo libro (tra quelli che avevo iniziato) in aereo. Sento che é necessario acquistarne subito un altro.
Firenze sembra un formicaio, gente operosa, turisti e residenti si muovono da una parte all’altra senza sosta. Da Piazza del Duomo mi dirigo tra vie secondarie in cerca dell’angolo più bello per poter scattare la foto giusta.
In lontananza scorgo un piccolo banchetto di libri usati, i miei preferiti. I passi si fanno più veloci, la curiosità e la frenesia di possederne uno è troppa.
Ce ne sono a centinaia, ne sfoglio qualcuno e subito mi accorgo che in seconda fila c’è il libro per me: “E ho paura dei miei sogni. I miei giorni nel lager di Ravensbrück di Wanda Póltawska (Edizioni San Paolo, 2010)..
Ho sentito parlare di Wanda e subito l’associo a Karol Wojtyla, ma non ho mai letto nulla al riguardo. Pago e porto via con me il bottino prezioso insieme ad un altro libro che non ho ancora aperto.
Attendo con impazienza il ritorno in albergo, mi tuffo sul letto ed inizio il mio viaggio con Wanda.
Fin dalle prime pagine mi trovo catapultata negli anni della seconda guerra mondiale. Gli anni del terrore, dei conflitti, delle infamità, dei lager.
Wanda racconta in maniera intensa - e per questomotivo spaventosa - ciò che ha vissuto e subito dalmomento della sua deportazione e per tutta la durata delle prigionia nel lager di Ravensbrück.
Più di una notte non sono riuscita a dormire serenamente: la lettura mi spaventava, mi terrorizzava, mi entrava nella testa e animava di nuovi incubi le ore buie che dividono un giorno dall’altro.
Ciò che io so del secondo conflitto mondiale, l'ho studiato a scuola, e a questo strato si aggiunge ciò che ho letto successivamente nei libri e ciò che ho visto nei film al cinema.
Poi, ci sono i racconti veri e autentici del nonno e della nonna, ma nulla è mai stato così forte come l’immedesimarmi con Wanda e vivere la sua tragedia.
Nel leggere alcune delle sue pagine si rimane a bocca aperta e storditi di fronte alle brutalità, agli omicidi, alle inutili e crudeli operazioni alle gambe cui venivano sottoposte moltissime internate nel lager: sono tutte cose che fanno male anche a me che leggo dopo 70 anni.
E ancora di più mi fanno male i ricordi che Wanda ha di quei cinque anni come deportata: lei e le altre donne ridotte ad un mucchio d’ossa, denutrite, sporche, malate, sofferenti; costrette a lavorare in condizioni disumane a subire il caldo e il gelo degli inverni tedeschi. L’idea della convivenza con lo spettro della morte e con la morte stessa mi provoca il senso di nausea.
Spesso ho dovuto interrompere la lettura e dedicarmi a qualche altra attività perché ciò che stavo leggendo mi turbava a tal punto da rendermi impossibile continuare.
Wanda è riuscita a rimanere viva nonostante le torture, nonostante la condanna a morte. Quando la guerra finì si prese cura di alcune compagne che aveva protetto anche dentro il Lager riuscendo a scampare a stupri e violenze.
Questa piccola donna coraggiosa è riuscita a tornare a casa, in Polonia, ma con sé ha portato anche il ricordo di ciò che aveva vissuto.
Queste pagine, intrise di dolore, sono state scritte per dare voce alla memoria e alla possibilità di salvezza se si è accompagnati dalla fede in Dio.
Il campo di Ravensbrück e gli altri lager non sono rimasti dei fatti isolati: tutt’oggi, nel mondo molti crimini di guerra rimangono impuniti e - per questo - le parole della stessa Wanda restano attuali nonostante il trascorrere del tempo: «Non ho mai perduto la fede nel fatto che l’uomo è creatura divina, capace di azioni eroiche; ma Ravensbrück mi ha anche insegnato che l’uomo non è automaticamente un’immagine di Dio, che deve anzi lavorare per essere tale».
(Dal risguardo di copertina) Terminai il mio scritto, lo chiusi in un cassetto"... e per la prima volta dal mio ritorno, dormii veramente, senza sogni.
Le notti tormentate di Wanda Póltawska - prigioniera nel lager di Ravensbrück - rivivono in queste pagine, per dare voce alla memoria e alla possibilità di salvezza se accompagnati dalla fede in Dio. Deportata nel 1941 nel campo di concentramento di Ravensbrück, l'autrice è stata sottoposta a esperimenti chirurgici dai medici nazisti.
Ha cominciato a scrivere questo libro di memorie sulla sua tragica esperienza subito dopo il ritorno a casa, nel 1945. Le memorie di una donna che, nonostante tutto, non ha perduto la convinzione che l'uomo è immagine di Dio, ma deve lavorare per essere tale.
Nota bio-bibliografica. Wanda Póltawska è nata il 2 ottobre 1921 a Lublino. Durante l'occupazione tedesca fu arrestata dalla Gestapo e rinchiusa nel campo di concentramento di Ravensbrück, dove fu sottoposta a crudeli esperimenti da parte dei medici nazisti.
Dopo la sconfitta dei tedeschi poté far ritorno in Polonia, dove sposò Andrzej Póltawski, dal quale ebbe quattro figli.
Medico di successo, fu amica di Karol Wojtyla dagli anni della giovinezza fino a tutto il tempo del pontificato.
Di questo straordinario rapporto di cui testimoniano numerose lettere ha scritto nel volume Diario di un'amicizia (San Paolo, 2010).
Campo di concentramento di Ravensbrück
Il Campo di concentramento di Ravensbrück, era una lager nazista, situato a 90 chilometri a nord di Berlino, sulla riva del lago di Fürstenberg/Havel. A differenza della maggior parte dei campi ...
http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Ravensbr%C3%BCck
E HO PAURA DEI MIEI SOGNI - Wanda Poltawska - Libera la mente
Troppo vuote le mani senza un libro in mano, troppo leggera la borsa, troppo futili i pensieri che sembrano precipitare nel vortice delle cose inutili. Sono in viaggio a Firenze e ho terminato di ...
http://liberalamente.over-blog.com/e-ho-paura-dei-miei-sogni-wanda-poltawska
Il post di Elena Cifali nella sua sede originaria