L'elmo improvvisato che ho addosso mi ricorda qualche libro che ho letto, anche se non sono in grado di dire quale.
E' proprio così: tante volte ci ritroviamo a fare cose, a prendere pose, a scherzare e a giocare, perché ne abbiamo letto e ciò che abbiamo letto é diventato parte di noi.
Ma anche potrei essere un componente dell'Armata Brancaleone, oppure un personaggio di una storia Disney della saga dei paperi, il cui titolo era "Paperin Meschino" e che era la parodia del cunto cavalleresco di Guerin Meschino.
La lessi tanti anni fa, quando ero un bambino di poco più di dieci anni.
Ridendo e scherzando, siamo portati a mettere in scena, senza nemmeno rendercene conto, ciò che ci è piaciuto e che ci ha influenzato... Le cose che abbiamo visto, ma soprattutto quelle di cui abbiamo letto.
E' sempre così: pensiamo di vivere la vita ed invece mettiamo in scena letteratura, film, storie... in un fitto scambio di cui, alla fine, si perdono le tracce.
Ed ecco il tassello mancante: è la ballata del prode Anselmo, di Giovanni Visconti Venosta!
E allora, dunque, "Orsù, miei prodi! Son pronto alla pugna!".
Passa un giorno, passa l’altro
Mai non torna il prode Anselmo,
Perché egli era molto scaltro
Andò in guerra e mise l’elmo...
Mise l’elmo sulla testa
Per non farsi troppo mal
E partì la lancia in resta
A cavallo d’un caval.
La sua bella che abbracciollo
Gli dié un bacio e disse: Va!
E poneagli ad armacollo
La fiaschetta del mistrà.
Poi, donatogli un anello
Sacro pegno di sua fe’,
Gli metteva nel fardello
Fin le pezze per i pié.
Fu alle nove di mattina
Che l'Anselmo uscia bel, bel,
Per andar in Palestina
A conquidere l'Avel.
Né per vie ferrate andava
Come in oggi col vapor,
A quei tempi si ferrava
Non la via ma il viaggiator,
La cravatta in fer battuto
E in ottone avea il gilé,
Ei viaggiava, è ver, seduto
Ma il cavallo andava a pié,
Da quel dì non fe’ che andare.
Andar sempre, andare, andar...
Quando a pié d’un casolare
Vide un lago, ed era il mar!
Sospettollo... e impensierito
Saviamente si fermò.
Poi chinossi, e con un dito
A buon conto l'assaggiò.
Come fu sul bastimento,
Ben gli venne il mal di mar
Ma l’Anselmo in un momento
Mise fuori il desinar.
La città di Costantino
nello scorgerlo tremò
brandir volle il bicchierino
ma il Corano lo vietò.
Il Sultano in tal frangente
Mandò il palo ad aguzzar,
Ma l'Anselmo previdente
Fin le brache avea d’acciar.
Pipe, sciabole, tappeti,
Mezze lune, jatagan
Odalische, minareti
Già imballati avea il Sultan.
Quando presso ai Salamini
Sete ria incominciò
E l'Anselmo coi più fini
Prese l'elmo, e a bere andò.
Ma nell’elmo, il crederete?
C’era in fondo un forellin
E in tre dì morì di sete
Senza accorgersi il tapin
Passa un giorno, passa l’altro
Mai non torna il guerrier
Perché egli era molto scaltro
Andò in guerra col cimier.
Col cimiero sulla testa,
Ma sul fondo non guardò
E così gli avvenne questa
Che mai più non ritornò