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19 marzo 2015 4 19 /03 /marzo /2015 07:58
The Image as Burden. La mostra di Marlene Dumas al Tate Modern: dipinti "di seconda mano" che suscitano emozioni "di prima mano"

(Maurizio Crispi) Di Marlene Dumas non sapevo nulla prima di trovarmi a visitare la mostra temporanea allestita a The Tate Modern, che accoglie una selezione significativa delle sue opere.

Marlene Dumas è una pittrice di ogni luogo, con una storia complessa: é di origini contadine sudafricane, ma porta un nome francese; ha studiato arte in SudAfrica e poi si è spostata in Olanda grazie ad una borsa di studio dove ha approfondito ed espresso al meglio il suo talento artistico e dove si è naturalizzata.

E' - a giudicare dalle fotografie nelle quali ama mettersi in mostra con i suoi quadri come sfondo -una donna sanguigna, di presenza scenica e con una capacità di mettere in mostra se stessa, come un'opera d'arte, quasi non vi fosse alcuna differenza tra l'artista e le sue opere, in una totale identità fluida in cui si crea una corrente di sensazioni e di emozioni violente, a partire dal titolo con cui ciscuna opera è contrassegnata.

Come dice il titolo della mostra della Tate Modern, "The Image as Burden", l'immagine é (deve essere) fardello, cioè la rappresentzione visuale è un fardello che si deve portare: e ciò vale sia per l'artista, sia per il fruitore della sua opera.

L'opera d'arte -nella poetica di Marlene Dumas deve essere d'impatto, forte e non concedere alcun sconto in termini di edulcarione, rispetto al tema centrale che vuole veicolare.

La rappresentazione deve essere estrema, in qualche misura, e ciò può portare in maniera diretta e senza edulcorazioni alle immagini nude e crude in cui tutto è diretto, senza il passaggio attraverso la simbolizzazione (come ad esempio nel dipinto "The Widow" del 2013)

Marlene Dumas è stata definita una pittrice "di seconda mano" ("second hand painter"), poichè per la realizzazione delle sue opere si è basata su foto raccolte dalla stampa, dalla televisione, dai mezzi di informazioni, o anche su polaroid realizzate da amici e conoscenti.

E' dunque una pittrice che predilige lavorare su immagini realizzate da altri, immagini che le danno spunto per procedere su di una sua strada ispirata.

Afferma infatti, consapevole della forza di questo suo approccio che "...rapppresentazioni pittoriche di seconda mano possono generare impressioni, sensazioni ed emozioni di prima mano".

Ma proprio per questo suo percorso nel reperire le sue fonti di ispirazioni, Marlene Dumas riesce ad essere molto vicina a tematiche attuali e a farne denuncia, spaziando a pieno campo sugli accadimenti del mondo contemporaneo e sui suoi personaggi maggiormente iconici, anzi talvolta andano controcorrente e scegliendo come soggetti dei suoi quadri personagi controversi e discussi.

Una delle predilizioni di Marlene Dumas è per il volto umano e per le forme umane con le loro molteplici sfaccettature: i suoi volti (e i suoi corpi) sono realizzati in modo semplice eppure complesso, con la massima polarizzazione sullo sguardo e sugli occhi (o sulle mani). La scala cromatica che pervade i suoi quadri sembra essere povera eppure è ricchissima, ad accendere di cromatismi un dipinto è sufficiente una sfumatura di rosa su un colore dominante grigio o seppia e si avverte (anche se il colre fisicamente manca o é tenuissimo), la vibrazione e l'esplosione di un'intera scala cromatica.

Queste sono le parole con cui l'artista è presentata nella brochure predisposta pe la mostra a The Tate Modern: Marlene Dumas è unanimamente riconosciuta come uno dei più significativi e influenti pittori della scena contemponarea. I suoi lavori intensi e carichi di elementi psicologici esplorano temi come la sessualità, l'amore, la morte e la vergogna, spesso facendo dei riferimenti alla Storia dell'Arte, alla cultura pop e agli eventi della contemporaneità. Dumas non dipinge mai direttamente dalla vita, preferendopiuttosto scegliere preesistenti immagini come suoi materiali materiali di isoirazione. Tuttavia, pur lavorando in un'epoca dominata dall'immagine digitale e dai mass media, la Dumas preferisce la fisicalità del contatto umano e la potenza della pittura. Per la Dumas "... c'é l'immagine (sorgente fotografica) con cui tu inizi e c'è l'immagine (l'immagine dipinta) con cui tu concludi il tuo lavoro, e non sono la stessa cosa. Io voglio dare più atttenzione a ciò che il dipingere fa all'immagine, non soltanto a ciò che l'immagine fa al processo del dipingere...".

La mostra, strutturata seguendo una blando criterio cronologico, spazia sull'intera carriera artistica di Marlne Dumas.

E include testi scritti dalla stessa pittrice, in genere collocati in appositi pannelli all'ingresso di ciascuna dei grandi ambienti, dove sono collocate le sue opere. Questi scritti che spesso sono stati scelti per loro icasticità fungono da "soglia" a ciascuna stanza della mostra, fornendo delle epianie sulla poetica dell'artista, consentendo al fruitore della mostra di contestualizzare le opere che esaminerà, arricchendolo della possibilità di una loro lettura multipla.

Il titolo "The image as Burden" è preso da un dipinto del 1993, un piccolo quadro raffigurante una figura umana che trasporta un'altra: una specie di riproposta moderna della Passione e della discesa dalla Croce del Cristo Crocifisso (il quadro è visibile nella stanza 6).

Come molti dei dipinti della Dumas, la scelta del titolo di quest'opera gioca con i nostri pregiudizi, condiziona le interpretazioni possibili del dipinto e funziona come lente attraverso la qualee guardare la mostra .

La mostra nella sua realizzazione ha ricevuto supporti di grande prestigio.organizzata dalla Tate Modern, ha avuto la collaborazione della Fondation Beyeler, Riehen/Basel and Stedelijk Museum Amsterdam.

La curatrice della mostra per conto della Tate Modern è stata Helen Sainsbury.

Come per tutte le mostre di grande rilievo organizzate dalla Tate Modern sono state predisposte, per utta la sua durata, delle iniziative accessorie per l'approfondimento tematico, con conferneze, proiezioni di filmati in un programma fitto e stimolante, con la presenza prevista per il 16 aprile 2015) della stessa Marlene Dumas che in una lecture serale parlerà di questa sua retrospettiva, delle sue tematiche e della sua poetica.

Nota biografica ed artistica (da Wikipedia) Marlene Dumas (Città del Capo, 3 agosto 1953) è un'artista e pittrice sudafricana.
Ha studiato all’Università di Città del Capo dal 1972 al 1975 e nel 1976, a 23 anni, si è trasferita in Olanda con una borsa di studio. Vive e lavora ad Amsterdam.
Marlene Dumas is one of the most prominent painters working today. Her intense, psychologically charged works explore themes of sexuality, love, death and shame, often referencing art history, popular culture and current affairs.
Spesso utilizza come fonti per il suo lavoro polaroid di amici e amanti, oltre a riviste e materiale pornografico. Marlene Dumas dipinge anche ritratti di bambini e scene erotiche con l’intento esplicito di turbare il mondo dell’arte contemporanea.
Ha lavorato spesso con studenti, sottolineando che "insegnare è molto importante, non solo perché insegno ai ragazzi cose, ma soprattutto perché instauriamo un dialogo, da cui emerge cosa vuoi realmente. Le cose emergono. Credo ancora nel dialogo Socratico. L’arte è davvero qualcosa che si impara stando in mezzo alla gente."[1]
Nel 2007 ha partecipato alla LII edizione dell’Esposizione internazionale d'arte di Venezia, nel Padiglione africano. La mostra Check List Luanda Pop, vide l'esposizione di opere che provengono dalla Collezione Sindika Dokolo, la prima collezione privata africana di arte contemporanea creata cinque anni fa a Luanda (Angola).
La sua principale mostra in un importante museo americano, una retrospettiva dal titolo Measuring Your Own Grave, si è conclusa a settembre 2008 al Museum of Contemporary Art di Los Angeles.
Il suo lavoro è caratterizzato da una tavolozza cromatica ampia, fatta di colori cupi alteranti a pastelli e a corlori fluo.

(Marlene Dumas e la rappresentazione "estrema") Marlene Dumas è nata a Città del Capo ma vive e lavora in Olanda. Nei suoi trent’anni di carriera ha creato lavori che raccontano soggetti molto diversi e ideologicamente complessi, come l’apartheid, gli stereotipi razzisti, la maternità, la pervasività in tutte le sue manifestazioni, l’amore e la religione, con un’originalità e una libertà espressiva uniche. L’artista si è concentrata sulle pulsioni degli esseri umani e sulle loro emozioni ritraendo la nascita, l’amore, il sesso, la sofferenza e la morte. I suoi lavori portano in superficie ciò che giace profondamente nascosto nei suoi soggetti, dimostrando una spiccata capacità introspettiva, che le permette di cogliere le emozioni dei suoi personaggi. Nonostante l’impietosa rappresentazione dell’inadeguatezza umana, le sue opere manifestano una visione ottimista, capace di far emergere la dignità universale delle persone, protagoniste del proprio destino, soggetti attivi e non vittime passive del fato. La pittura di Marlene Dumas è contemporaneamente mentale, politica e intimista, e si sviluppa attraverso la ricerca di un continuo compromesso tra ciò che viene rivelato e ciò che viene celato, tra il carattere tattile della pittura, l’emotività dei sentimenti e le teorie della rappresentazione.
Il fulcro del lavoro di quest’artista è sicuramente la sua irriverente libertà creativa che ha liberato la pittura dalle sue costrizioni formali, scalfendo il predominio maschile in questa pratica artistica, rendendola simultaneamente intima, politica, buffa, sensuale e violenta. Attraverso un senso di sospensione vagamente erotico tutti i suoi quadri sembrano riempire di movimento e transitorietà la staticità, solitamente associata alla pittura, reinventandola e rendendola estremamente contemporanea.

(Marlene e la Banalità del Male di Adriana Polveroni) Ecco uno dei temi dominanti del suo lavoro: l'eros, il sesso, spesso sfrontato, strappato dalle pagine di giornali pornografici e rielaborato con quelle pennellate quasi svagate, ma densissime. "Mi piace fare un'arte sensuale, l'erotismo dà forza. Nella nostra società c'è molto sesso, ma non abbiamo più la capacità di comunicare la carica erotica", spiega lei. E giù quindi non solo a virare in blu immagini hard, ma anche a rifare le icone della moda, silhouette pubblicitarie patinate e asettiche - perché altra caratteristica del suo lavoro è che non ritrae mai persone in carne e ossa, ma figure che hanno posato per altri - come quella di Naomi Campbell, ridisegnata innumerevoli volte: "Quando uso e stravolgo le immagini delle modelle, cerco di alterarne la freddezza. Voglio tirare fuori il lato oscuro dell'erotismo. Questo forse nasce dalle mie origini africane e contadine, penso abbia a che fare con un'esperienza della natura molto forte, primitiva", racconta. A letto con Rossellini Forse è per questa fiducia che ripone nella pittura - nonostante la definisca "anacronistica e oscena per il modo in cui rende bello ogni orrore", e malgrado il fatto che nelle sue mani l'immagine non si edulcori mai, come invece accade in alcune artiste che a volte rivelano una fragilità molto femminile - che è possibile leggere nella sua opera una visione ottimista.
 

The Image as Burden. La mostra di Marlene Dumas al Tate Modern: dipinti "di seconda mano" che suscitano emozioni "di prima mano"
The Image as Burden. La mostra di Marlene Dumas al Tate Modern: dipinti "di seconda mano" che suscitano emozioni "di prima mano"
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The Image as Burden. La mostra di Marlene Dumas al Tate Modern: dipinti "di seconda mano" che suscitano emozioni "di prima mano"
The Image as Burden. La mostra di Marlene Dumas al Tate Modern: dipinti "di seconda mano" che suscitano emozioni "di prima mano"

(Dalla presentazione della mostra "Image as a Burden") Marlene Dumas is one of the most prominent painters working today. Her intense, psychologically charged works explore themes of sexuality, love, death and shame, often referencing art history, popular culture and current affairs.
Secondhand images’, she has said, ‘can generate first-hand emotions.’ Dumas never paints directly from life, yet life in all its complexity is right there on the canvas. Her subjects are drawn from both public and personal references and include her daughter and herself, as well as recognisable faces such as Amy Winehouse, Naomi Campbell, Princess Diana, even Osama bin Laden. The results are often intimate and at times controversial, where politics become erotic and portraits become political. She plays with the imagination of her viewers, their preconceptions and fears.
Born in 1953 in Cape Town, South Africa, Dumas moved to the Netherlands in 1976, where she came to prominence in the mid-1980s. This large-scale survey is the most significant exhibition of her work ever to be held in Europe, charting her career from early works, through seminal paintings to new works on paper.
The title of the exhibition is taken from The Image as Burden 1993, a small painting depicting one figure carrying another. As with many of Dumas’s works, her choice of title deeply affects our interpretation of the work. It hints at the sense of responsibility faced by the artist in choosing to create an image that can translate ideas about painting and the position of the artist. For Dumas it is important ‘to give more attention to what the painting does to the image, not only to what the image does to the painting.’
In an age dominated by the digital image and mass media, Dumas cherishes the physicality of the human touch with work that is a testament to the meaning and potency of painting.

The Image as Burden. La mostra di Marlene Dumas al Tate Modern: dipinti "di seconda mano" che suscitano emozioni "di prima mano"
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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

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